I miei pensieri su Twitter

Posted: 2nd novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

 

Utilizzare criticamente Google Translate (Traduttore)

Posted: 12th febbraio 2013 by iperscrivo in Senza categoria
 

Tanti studenti sono a conoscenza dell’esistenza di Google Translate, ma pochi sono in grado di usarlo per quello che realmente è, cioè un semplice traduttore di vocaboli e nulla più, vocaboli da prendere sempre con le molle. A volte basterebbe avere l’accortezza di fare la controprova, cioè dopo che si è tradotto dall’italiano all’inglese provare a invertire le lingue e tradurre il risultato appena ottenuto dall’inglese all’italiano, per vedere se si ritorna al punto di partenza oppure no. Ma, ripeto, per far questo bisogna prima sapere che la tecnologia non risolve di per sé tutti i problemi.

Google traduttore offre anche dell’altro: la possibilità di ascoltare i termini in inglese (non è il massimo con una voce ancora robotica, ma sempre meglio di orride letture), la possibilità per gli stranieri di ascoltare la pronuncia italiana (si può ascoltare anche l’italiano), la possibilità di partecipare alla costruzione della frase, verificando le alternative e correggendo il testo suggerito da Google. Insomma come strumento didattico non è tutto da buttare. Unico problema: alzi la mano quel docente che non lo abbia solo demonizzato e abbia fatto sperimentare sotto la sua supervisione un utilizzo critico e ragionato del traduttore di Google?

Si parla tanto di competenze, in questi anni, e competenza significa proprio non tanto conoscere uno strumento (cosa che, nella terminologia ministeriale, costituisce appunto una “conoscenza”) o saperlo usare (una “abilità” o “capacità”), ma saperlo usare consapevolmente, cioè rendendosi conto di quali sono i rischi e i benefici. Questa è la competenza di cui tanto parlano al Ministero.

Che poi queste stesse competenze al Ministero se le sognino, finendo per tradurre “pecorino” con “pecorina” (riferito alla posizione del sessuale) e facendosi ridere dietro da mezzo mondo, direi che è emblematico della situazione in cui versa la scuola italiana.

 

Il Social Network a scopo Didattico

Posted: 12th febbraio 2013 by iperscrivo in Senza categoria
 

Utilizzare i social Network a scopo didattico.

Gli studenti utilizzano i social network non solo per rimanere in contatto con i propri amici e i conoscenti, sicuramente per ampliare la rete di amicizia ma un aspetto sottovalutato è la curiosità.

I ragazzi odierni navigano tra i profili dei propri amici per conoscerne vita, morte e miracoli. Sono curiosi di sapere cosa fanno, di confrontarsi, di ripercorrere le ultime settimana di attività. Questa propensione allo studio della “Biografia” di un amico può essere utilizzata anche a scopo istruttivo.

Perchè non far navigare profili di personaggi famosi? Perchè non farli creare agli stessi alunni.

La creazione di un profilo di un personaggio famoso (discorso interdisciplinare) permette agli studenti di fare ricerca, apprendere e realizzare un prodotto veramente utile. La rete di informazione che veicola un social network è veramente impressionante: sono possibili collegamenti con la vita reale dell’epoca, le amicizie, le relazioni, la biografia, ma anche le opere, le date, ecc… La lettura di un profilo storico permette ad altri di entrare in sintonia con il personaggio storico all’interno di un canale noto.

Il più famoso social network e Facebook, ma esiste uno strumento didattico (in lingua inglese, ma poco male) denominato ClassTools che permette di realizzare un finto profilo Facebook (FakeBook) di un qualunque personaggio (reale o immaginario, storico o attuale).

La realizzazione di un profilo deve sicuramente coinvolgere tutta la classe, una biblioteca di profili permette uno studio innovativo di Opere e Autori, sia storici che contemporanei. Io ad esempio più in basso ho creato un semplice profilo di Alessandro Manzoni in appena 2 minuti. Certo andrebbe arricchito per realizzare profili ben più sostanziosi, come quello di Napoleone Buonaparte (in inglese) la galleria di Fakebook a scopo didattico è abbastanza nutrita, ma la lingua prettamente inglese evidenzia l’attenzione per questo tipo di trasmissione di sapere, lontano dagli schemi educativi Italiani.

Un video per comprenderne l’utilizzo

 

View Fullscreen | Create your own

http://www.classtools.net/fb/8/X7APGK

 

inserire un percorso con la mappa

Posted: 27th gennaio 2013 by iperscrivo in Senza categoria
 

Questa mattina ho effettuato questo percorso per il mio allenamento di corsa TEMPO 1 ora e 6 minuti per percorrere 12,2 Km.


Visualizzazione ingrandita della mappa

 
 

logo mefr Per la pubblica amministrazione vige il vincolo della semplificazione, della dematerializzazione e digitalizzazione delle pratiche e atti amministratici, ciò significa che ormai il rapporto cittadino/amministrazione deve avvenire principalmente tramite i canali digitali quindi la rete. Dal 2004 esiste una legge definita “Stanca” che forse lo è davvero stanca di fare il suo dovere, che prevede che i siti delle pubbliche amministrazioni devono essere usabili e accessibili. Questo significa semplificare la vita dell’utente che viene a contatto con gli applicativi e i siti della Pubblica Amministrazione.

Ebbene, io come dipendente della pubblica amministrazione, per via della smaterializzazione (non si riproduce più su supporto cartaceo) non ricevo più la busta paga o cedolino, ma devo scaricarlo dal portale del MEFR, ministero economie e finanze ( https://noipa.mef.gov.it/ ). Su questo portale, per apportare una variazione oltre a dovermi loggare, cioè farmi riconoscere con nome utente (CF) e password devo inserire un PIN, il quale viene fornito su richiesta del dipendente dalla stessa Amministrazione. Faccio richiesta presso la mia Amministrazione (la segreteria della mio istituto scolastico) e loro accedono al portale del MIUR ( http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/home ) poi a quello dell’ SIDI ( http://archivio.pubblica.istruzione.it/gestione_utenze_ns/introduzione.shtml ) per poter richiedere, con le loro credenziali, l’invio via email del famigerato PIN al docente richiedente.

Purtroppo sulla casella email del sottoscritto non arriva nulla. Chiedo nuovamente e vengo a sapere che anche altre scuole non riescono a far recapitare i PIN ai loro docenti, è un malessere generalizzato, alcune ci riescono! Bho. Ci si chiede in giro cosa succede, finchè un amministrativo non contatta una di queste scuole fortunate nell’”Impresa” e spulcia la procedura. Si rende conto che nel passaggio finale manca una conferma, alla scuola “fortunata” questa conferma appare, alla nostra NO! Gli sovviene che forse è il Browser che non permette di accedere all’ultima pagina di conferma dell’invio!

Esatto… dopo tanto parlare di accessibilità ed usabilità, al sito del MEFR (ministero delle finanze) ci si accede solo se la scuola Utilizza il Browser Internet Explorer di Windows Microsoft. La scuola nostra che utilizza Mozilla Firefox e per tanto non è stato possibile mandare il PIN, finchè non si è cambiato Broser, la vera magagna è stata che la procedura effettuata con Mozilla sembrava corretta, infatti l’ultima pagina confermava il termine della procedura, ma nessun avviso che la procedura avrebbe dovuto avere una conferma: che so un numero di Step da compiere, un avviso di non utilizzare altri Browser se non IE, oppure che l’applicativo era stato sviluppato solo per il browser della casa di Richmond. Nulla lasciava significare che procedura non era andata a buon fine, la procedura non era completa e non era possibile inviare il PIN.

A questo punto mi chiedo: come sia possibile una cosa del genere? La pubblica amministrazione che ha delle persone incompetenti a gestire siti dedicati al PON (ne potrei dire di cose come esperto PON su questo sito che è un vero Obbrobrio) e siti che gestiscono la pubblica amministrazione scolastica che non rispettano le più basilari regole di procedura di semplificazione e inclusione digitale?

Per lo stato o si usa Microsoft IE, oppure si rimane tagliati fuori e con questo si può dire addio ai software OpenSource che sono gratuiti e fanno risparmiare soldi ai contribuenti. Tanti sprechi del genere dovrebbero essere poi compensati dal lavoro in più dei docenti fino a 24 ore per sopperire alle spese dell’amministrazione centrale! Sono basito e ho dovuto attendere diversi mesi per poter ottenere il PIN dopo che la mia segreteria Didattica si è scervellata per risolvere il problema generato dall’amministrazione centrale.

L’unica loro salvezza è che questi applicativi sono riservati al personale interno e pertanto non sono visibili alla massa degli utenti internet esperti di accessibilità e usabilità e per questo funzionano indisturbati… Io denuncio questo stato di cose.

 

Critiche alla LIM

Posted: 12th gennaio 2013 by iperscrivo in LIM Lavagne Interattive Multimediali
 

In rete su questo sito:  www.pionero.it

ho trovato il seguente articolo:

Il Fai da te della LIM

 

 

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Scritto da: Mariangela Vaglio Tags: didattica, didattica digitale, lavagna multimediale, LIM, scuola, scuola digitale Data di inserimento: 1 dicembre, 2012 | 10 commenti

Che poi, sfatiamo il primo luogo comune: i soldi, per la scuola digitale, arrivano anche, tanto è vero che in parecchie classi le LIM, le mitiche lavagne interattive multimediali, ci sono. Son là, appese al muro, con tutti i loro ammeniccoli nuovi: il proiettore, la pennina per scrivere, i programmi di videoscrittura.

Sfatiamo anche il secondo luogo comune: i docenti, quelli che il computer lo sanno usare e quindi capiscono anche in dieci minuti come funziona una LIM ci sono pure, perché tanto la LIM non è che sia più complicata da usare di un normale pc, e per molti versi ricorda uno smartphone nell’impostazione, o un tablet. E i docenti, persino quelli anziani sulla soglia della pensione, pare impossibile ma il pc, lo smartphone e persino il tablet ormai li sanno usare.

Cosa manca allora? La didattica. Parola che per la maggior parte dei non addetti al mestiere vuol dire poco o nulla, convinti come sono che il professore sappia insegnare per una specie di ispirazione divina, e insegnare con mezzi diversi (la lavagna a gessetto, la tv, la LIM) sia sostanzialmente sempre la stessa cosa.

Invece no. Se anche l’argomento della lezione può essere lo stesso, il cambio dello strumento con cui la lezione viene progettata ha ricadute pesanti. Pensiamo alla più comune e diffusa tv, che ormai nelle aule scolastiche è presente da anni: una stessa lezione è ben diversa se viene fatta dal professore parlando o facendo guardare agli alunni un filmato, magari un documentario televisivo. Questo perché l’attenzione degli alunni è impostata in modo diverso: con il professore che fisicamente ti parla e gesticola davanti in classe, in carne ed ossa, pare impossibile, ma i ragazzi tendono a distrarsi di meno; con il filmato, con tutto il fascino che la tv esercita, molto di più.

Con le LIM siamo in un territorio vergine e ancora in gran parte sconosciuto. I ragazzi sono entusiasti quando arriva in classe, perché la vivono come un mezzo “nuovo” “moderno” più simile ai quei cosi che smanettano tutto il giorno. Per i professori invece è una incognita. E non perché sono dei relitti del passato che rifiutano di aggiornarsi e accettare il futuro, ma perché è difficile e sono ancora pochi i dati che permettono di valutare le effettive ricadute didattiche della LIM.

I ragazzi si divertono ad averla in classe, ok. Ma poi imparano di più e meglio? Non è certo e non è detto. Anche perché per ora la LIM pare che faccia, in maniera più veloce e certo più affascinante, ma sostanzialmente simile, le stesse cose che facevano le vecchie lavagne a gessetto. Ci posso scrivere come facevo su quelle, in sostanza. Certo, posso salvare lo schema alla lavagna, cosa che con quelle a gessetto è impossibile, perché veniva cancellato. E poi quello schema salvato posso teoricamente condividerlo con i miei alunni, mettendolo su un sito e rendendolo scaricabile, o inviandolo per mail a tutti o condividendolo in vari modi. I ragazzi non devono così più copiare sui quaderni lo schema, o gli appunti, ma se li ritrovano già fatti, impaginati magari in modo più accattivante, e pure con delle immagini scaricate dalla rete, o ordinati in una serie di slide. Li scaricano senza fatica in un nanosecondo. Imparano meglio la lezione? Eh, qua non è chiaro. Perché la sindrome ben nota del “clicca e archivia” è dietro l’angolo: con la vecchia lavagna a gessetto copiavi lo schema, e ti toccava in qualche modo porci attenzione e memorizzarlo. Con il clicca ed archivia no: lo scarichi, lo metti dentro alla memoria del tuo pc, ma nella testa no. Manca un fondamentale e inconscio momento di memorizzazione e elaborazione, perché nessuno copia uno schema senza metterci qualcosa dentro di suo, fosse pure un errore di distrazione.

Costruire una lezione con la LIM sfruttandone tutte le potenzialità è un lavoraccio enorme. Bisogna saper mescolare testo vecchia maniera, immagini, filmati. Dà una incredibile libertà di approfondimento di alcuni temi, ma equivale a costruire ogni volta un documetario per Quark o un capitolo di un vecchio libro di testo. Una lezione per la LIM veramente multimediale, in cui un docente ne sfrutti tutte le caratteristiche, richiede ore e ore di lavoro e progettazione, oltre che conoscenze approfondite delle fonti in rete e dei programmi di videoscrittura, mappe mentali e altro. In buona sostanza, nessun docente, per quanto bravo, può preparare più di una lezione “originale” al mese, posto che sia già informaticamente formato a costruire ipertesti e a navigare in internet. Una mole di lavoro enorme che per ora non ha ricadute certe, poi, perché le lezioni con la LIM, per quanto affascinino i ragazzi, non pare che vengano necessariamente memorizzate meglio da loro.

Anche l’interazione dei ragazzi con la LIM è meno frequente di quanto ci si potrebbe aspettare. La LIM in classe viene usata per esercizi come la vecchia lavagna, ma per i ragazzi non è uno strumento di vero lavoro autonomo. Può essere usata per proiettare slide che loro costruiscono sul pc di casa (posto che ci sia un team di insegnanti che lavora in gruppo e insegna loro come creare queste slide per le diverse materie ed interrogazioni), ma questa non è una vera interazione con la LIM: la LIM serve da proiettore per un lavoro fatto con il normale pc. Quando poi fisicamente gli alunni la usano, le rimostranze sono molte: le LIM sono più lente degli smartphone con cui sono abituati, non hanno applicazioni, spesso i programmi di videoscrittura o di cattura delle immagini non sono all’altezza degli standard a cui i tablet e i computer normali ci hanno abituato. La delusione, insomma, dopo la meraviglia iniziale di vedere in classe un nuovo “aggeggio” tecnologico, è dietro l’angolo.

La LIM in classe, insomma, non è una panacea come molti, anche al Ministero, credono. Non “svecchia” da sola la didattica, perché i docenti, in realtà, procedono con la LIM per tentativi: imparano tecnicamente ad usarla, ma non è detto che poi le potenzialità del mezzo si traducano automaticamente in qualcosa di nuovo nell’insegnamento. Può contribuire alla velocizzazione di alcuni processi, ma la maniera con cui vengono costruite le lezioni ed affrontati gli argomenti resta spesso sostanzialmente uguale, anche se tutto viene “impacchettato” in maniera apparentemente più moderna ed affascinante. Ha ancora una modesta possibilità di diventare veramente interattiva, soprattutto in quelle scuole dove, per esempio, ci sono le LIM in classe ma il collegamento ad internet no, o solo a tratti.
Resta inoltre il problema che i corsi di didattica con la LIM (non quelli tecnici per insegnare ad accenderla e spegnerla correttamente) sono ancora pochi, e anche quelli basati su esperienze limitate sia per numero ed età degli alunni coinvolti che per materia, per cui i docenti che poi se la ritrovano in classe sono costretti spesso ad improvvisare e sperimentare modi di usarla, costruendo lezioni.

Come tutte le sperimentazioni, questo modo di procedere può produrre certo intuizioni geniali, ma anche clamorosi fiaschi didattici, dovuti non alla cattiva volontà dei docenti, ma alla loro inesperienza. Gli insegnanti sono come esploratori mandati oltre ai confini del mondo conosciuto, con in mano, spesso, manco una vera e propria mappa, ed il compito però di doversi trascinare dietro nell’impresa anche il gruppo dei loro alunni.

La sperimentazione è cosa buona e giusta, è necessario che sia fatta, ma anche prima attentamente progettata e limitata a classi pilota con personale già formato e con le idee ben chiare, non aperta indiscriminatamente a tutti, subito, sperando che all’arrivo della LIM in classe il docente di “arrangi” a creare dei materiali nuovi o “inventi” un modo creativo di usarla. In classe non si può “improvvisare” come un guitto ad una sagra di paese, e non è serio pretendere che gli insegnanti facciano ciò.

Bisogna tenere presente questo fatto, perché gli esperimenti si fanno sugli alunni, che vengono usati come cavie per vedere se quella didattica funziona o no. La domanda che l’insegnante serio si pone è: ce lo possiamo permettere?

Credits per l’ immagine

 

 

al quale ho lasciato il seguente commento:

Antonio Artiaco · Docente Scuola Secondaria at Tesoro (latina)

Utilizzare le LIM, oltre che per veicolare nozioni, anche per erudire gli alunni all’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione e informazione non lo trovate corretto? E che dire della conoscenza e competenza critica nell’utilizzo della rete ai fini della formazione permanente? La LIM non è solo un mezzo ma anche lo strumento che modifica il modo di elaborare e ristrutturare conoscenze. E’ un laboratorio dove far creare all’alunno, non permetterne l’utilizzo diretto è un peccato… ci sono differenze con I tablet? Non fa nulla il docente vigila affinchè l’alunno acquisisca competenze critiche all’utilizzo di tutte le tecnologie informatiche. Tanto oltre all’obsolescenza dell’Hardware della LIM e del Personal Computer dovranno affrontare anche l’obsolescenza delle conoscenze e delle pratiche svolte per acquisirle.

 

leggi un email di un docente che ha frequentato un mio corso sulla LIM

 

 

Il pontefice utilizza male Twitter…

Posted: 26th dicembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

https://twitter.com/Pontifex_it 

Il profilo twitter del Pontefice, che si è voluto affacciare sul Social Network dei Twitt. Lo ha fatto utilizzando 7 account in diverse lingue. Alcune lingue però risultano confuse

Il papa ora deve fare i conti anche con i commenti ai suoi TT,  infatti chi lo segue e gli risponde su Twitter lo fa con toni sarcastici e sprezzanti. Riporto un piccolo breviario dei post del pontefice e dei relativi commenti.

 

Quale tradizione familiare natalizia della sua infanzia ricorda ancora?

@Pontifex_it ti fai le domande e ti dai le risposte, se fosse il Natale del 1930 e io fossi Freud ti prescriverei della cocaina.

 

 

Al termine dell’anno, preghiamo che la Chiesa, nonostante i suoi limiti, cresca sempre di più come casa di Dio

Ricordate di non chiudere mai la porta a nessuno però! @Pontifex_it

Come essere più portati alla preghiera quando siamo così occupati con le questioni del lavoro, della famiglia e del mondo?

Se la religione è l’oppio dei popoli,e lo è,tu @Pontifex_it sei il Sommo Pusher.Se voglio del popper dove posso andare?

@Pontifex_it ancora a distinguer la preghiera dall’azione? Ma perché non cominciate a rivedere il vostro vocabolario piuttosto che twittare?

Con la certezza che chi crede non è mai solo. Dio è la roccia sicura su cui costruire la vita e il suo amore è sempre fedele.

@Pontifex_it ovvero la parola di Dio in 140 caratteri

@Pontifex_it e quindi sto casino come si spiega?

@zdizoro @pontifex_it il casino si spiega con il dato di fatto che non ascoltiamo la parola di Dio e non costruiamo sulla roccia a disposizi

@pedevillanomaur @zdizoro @Pontifex_it o dal fatto che la roccia a disposizione se la ciucciano tutta quelli che predicano povertà

 

 

Come vivere la fede in Gesù Cristo in un mondo senza speranza?

Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore.

11:35 AM – 12 Dic 12 ·
 
 

Quanto di quello che, il presidente dell’allora Forza Italia, ha promesso è stato realizzato per la scuola?

Era il 1999 lo Spot realizzato da Forza Italia in occasione delle elezioni europee. Appello di Silvio Berlusconi, ripreso nel suo studio, sul tema della scuola. Berlusconi: “Per affrontare il mondo del lavoro la scuola tradizionale oggi non basta più, oltre al meglio della nostra cultura i nostri ragazzi devono conoscere le lingue, devono sapere usare il computer, saper navigare su internet, devono imparare ad essere imprenditori di se stessi, tutto questo la nostra scuola non lo insegna e i nostri giovani sono fortemente penalizzati rispetto agli altri giovani europei..

Grazie a queste parole, il futuro presidente del consiglio del successivo decennio, ha mantenuto le sue promesse, ma nella direzione opposta, ovvero quella di affossare la scuola. Forse però l’incipit del suo discorso: “la scuola tradizionale oggi non basta più” anticipa la verità il suo programma. Se la scuola “tradizionale” non basta più, forse il vero obiettivo di questa frase non è quello di risollevarne le sorti, ma definire le modalità per la sua rottamazione!

L’inutilità della scuola “tradizionale” verrà risolta negli anni a venire, con evidenti tagli che la condurranno a boccheggiare nel panorama europeo. I soliti noti potranno sempre fare affidamento alle scuole private, le uniche in grado di poter fornire un servizio al passo coi tempi e le richieste europee, tanto da dover essere finanziate, alimentando in questo modo l’iniquo spostamento e accentramento di maggiori risorse e capitali a chi i soldi già li detiene e l’impoverimento della classe medio-bassa.

Il sottostante Spot è il documento video delle sue promesse.

 

articolo pubblicato su www.artiaco.it

 

Docenti Bocciati al concorso 2012

Posted: 22nd dicembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Cari allievi, oggi il vostro maestro è stato bocciato. Sì, avete letto bene: il Ministero della Pubblica istruzione, al Concorsone, mi ha rimandato. Il maestro, che ogni anno entra in classe insegnando storia, geografia, musica, educazione all’immagine, informatica, scienze, dopo aver passato un concorso e ottenuto l’abilitazione nel 1999, non ha passato il test di preselezione che è stato costretto a fare per tentare di non essere più precario.

Inizia così il post di protesta pubblicato da un maestro italiano: Alex Corlazzoli, escluso dal concorso per non aver superato la prova preselettiva. Una protesta giusta per un verso e non per un altro.

Da una parte è scorretto permettere che un docente che 13 anni fa ha superato un concorso, tuttora precario e insegnante utilizzato per tappare le falle del sistema d’istruzione, ora venga messo alla gogna per non aver saputo rispondere alle preselezioni a domande del tipo: “Pamela, Fiona e Gina, sono tre ragazze newyorkesi. Stanno prendendo il sole in una piscina della loro città. Pamela indossa un costume intero. Fiona legge un libro, Pamela e Gina sono cugine”.

Certo verificare le competenze, di un futuro docente del sistema scolastico italiano, in questa maniera è per un verso un errore e il maestro è bravo ad evidenziarlo, dimostrando di adorare il proprio mestiere, di farsi in quattro per i propri alunni e per la crescita delle loro competenze.

Per un altro verso, però, come evidenziato in un altro post la stessa domanda su “Pamela, Fiona e Gina era stata strutturata proprio per analizzare le capacità logiche di un docente. Risultà quindi valida la domanda formulata al test preselettivo perchè come formulata esprimeva dati sovrabbondandi e privi di logica. A rifletterci però una logica ce l’ha!

La domanda tende a misurare la capacità di discernimento, di analisi, di senso critico, del futuro docente! Capacità di selezionare i dati importanti, lasciando perdere quelli inutili, un maestro con tali capacità è in grado di trasmettere ai propri discenti queste stesse abilità. Il docente permette, nella sua classe, lo sviluppo di importanti competenze: orientamento nell’attuale mondo della comunicazione e dell’informazione (anche quelle digitali e della rete) dove le sovra-informazioni o peggio le male-informazioni sono la norma.

Quindi se da un lato la domanda per il maestro non rappresenta un valido metro di misurazione delle sue competenze, dall’altro sembra proprio che questa lo sia.

Forse l’equilibrio sta nel centro: valutare non solo abilità di logica, ma anche di competenze specifiche profuse direttamente nella classe. Queste competenze purtroppo per il nostro docente vengono valutate in seguito, la preselezione prescinde l’accetamento delle competenze proprie della professione insegnante e si basa solo su abilità logico-mnemoniche. E’ un vero e proprio carosello o anzi meglio una lotteria quella delle preselezioni. Alle prove successive che tipologia di insegnanti giungeranno? Scaltri dipendenti pubblici, che forse imperaranno ad amare questa professione che richiede tanta dedizione.

Articolo pubblicato su www.artiaco.it

 

La scuola dell’autonomia sull’orlo del fallimento.

Posted: 10th dicembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Dopo un periodo di mancanza d’interesse per la scuola da parte della società civile, un lungo periodo di tagli lineari operati su più fronti hanno condotto la scuola ad accumulare forti disagi e quindi a prodursi nelle conseguenti forme di protesta.

La scuola è confusa, confinata in un’anomalia di sistema: da una parte lo stato non investe né offre opportunità, ma al contempo toglie tanto, anche il vitale chiedendo di operare al pari di un sevizio pubblico alla cittadinanza.

Una scuola che sempre più agli occhi dell’opinione pubblica e di chi la amministra è vista con occhi di disprezzo e di mancanza di stima, faccio riferimento alle parole del Premier “Professore” alla trasmissione di Fazio.

In questo modo la scuola italiana è sull’orlo del fallimento. Così come sono fallimentari tutte le altre istituzioni pubbliche: politica, democrazia, educazione, occupazione, salute, sicurezza, ambiente, analfabetismo, etc…

La scuola si avvia al fallimento anche per una questione economica. La situazione finanziaria della scuola, analizzata dai bilanci, non sembra essere fallimentare, perché lo “Stato” costringe le scuole pubbliche a dichiarare i cosiddetti “residui fissi”  come voce di bilancio in entrata, ma omettendo l’effettiva erogazione delle somme ad essi corrispondenti, paralizzando in questo modo i bilanci delle scuole.

Le scuole dell’autonomia si trovano in condizioni di non poter spendere per le proprie necessità, ancor meno ad investire nel miglioramento dell’offerta formativa, nell’innovazione tecnologica e nella didattica.

Quando lo Stato promette e mai salda le somme, la scuola va in debito. Nella mia istituzione scolastica, all’ultimo Consiglio d’Istituto, è stato chiesto di eliminare dal bilancio i “residui fissi” (quelle somme dichiarata dallo Stato come “certe” nella cassa (quindi certo il loro finanziamento), ma poi non accreditate.  La scuola, dando per certe quelle somme, ha contratto degli impegni che ora deve onorare per evitare conflitti e contenziosi. La scuola quindi si trova a fare anticipi di cassa prendendo da altre voci, altri introiti non statali, solitamente i contributi delle famiglie per continuare ad operare. Evitare di portarsi i “residui fissi” nei bilanci successivi permette di avere una visione pratica del vero fondo di cassa e un reale controllo dei “flussi di cassa”, non corrotti da crediti statali (risalenti anche al 2006-07) e mai ottenuti. Il credito statale diventa in questo modo una sorta di cancro da dover estirpare!

Tutto ciò nonostante gli intenti e le innovazioni ministeriali quali l’avvio delle nuove procedure amministrative e contabili del 2009/10 (capitolone, cedolini unici…), le scuole hanno continuato ad accrescere il proprio disagio amministrativo, l’impossibilità di pareggiare un bilancio sempre in rosso, con l’impossibilità di essere veramente scuola dell’autonomia. Quale autonomia senza autonomia di spesa? Quale autonomia o differenza rispetta ad un’altra scuola senza finanziamenti? Quale Autonomia con i tagli al personale scolastico? Solo e soltanto tagli per di più lineari, in altre parole operati senza alcun criterio.

Il fallimento delle scuole non proviene solo dai bilanci perennemente in rosso, ma anche dalla mancanza cronica di personale. I tagli al personale di vigilanza (collaboratori) hanno comportato situazioni pericolose, nonostante le richieste, l’organico è stato ugualmente ridimensionato, occorre farselo bastare andando contro tutte le leggi in materia di sicurezza, prevenzione, etc.

Nessuna sostituzione del personale docente, gli alunni sono divisi in altre classi in modo che le attività didattiche e la formazione siano sempre meno efficaci.

La situazione precipita quando si menziona la sicurezza delle strutture scolastiche, basta far capo alle denunce dei sindacati che illustrano una mappa diffusissima degli edifici scolastici italiani in decadimento e senza certificati di sicurezza e agibilità.

I dirigenti scolastici sono diventati gli amministratori dell’illegalità. Da una parte chiedono allo stato ed enti locali, quanto dovuto per operare, dall’altra non ricevendo nessun finanziamento ma solo tagli, continuano a operare in uno stato d’indigenza e precarietà che porta al pericolo. Pur di non essere accusati di “Sospendere un servizio Pubblico” si addossano le responsabilità di tenere aperta una struttura che giorno dopo giorno, diventa sempre più rischiosa.  Scuole senza riscaldamento, senza mezzi di prima necessità (carta igienica, carta per fotocopie, con impianti elettrici fatiscenti, mura e porte rotte, etc…) senza sorveglianza, senza docenti sono queste le scuole dello stato? Scuole senza nulla, spogliate di tutto anche della propria dignità e della stima di chi ci lavora!

Scuole che rimangono slegate dalle richieste europee, che sono inutili al sistema formativo per mancanza di collegamento con il mondo del lavoro. Scuole che producono sempre meno capacità e competenze!

A tutto ciò lo Stato sembra aver trovato la soluzione. Privatizzare. Nei decenni passati quando si affacciava la cosiddetta “Seconda Repubblica” per risanare lo stato fu necessario privatizzare innumerevoli enti pubblici. La scuola e la sanità rimasero immuni. Ora, la cabina di regia cerca di “guidare” la scuola lungo questa strada.

Un primo passo è stato compiuto finanziando la scuola privata, diversi milioni di euro le sono stati messi a disposizione, le scuse della validità di detto finanziamento sono inutili descriverle. Si affaccia però una diversa gestione: la privatizzazione o eliminazione della scuola pubblica e la sovvenzione di quelle private. Al tempo delle privatizzazioni lo stato metteva in vendita i suoi “gioielli” al miglior offerente. Lo scopo era duplice, far cassa e rendere produttive strutture che per l’amministrazione statale erano sempre in passivo. La scuola non è certamente un’azienda produttiva, nessun privato potrà mai ricavarci nulla se l’istruzione rimane un diritto gratuito e fondamentale per la nostra Costituzione.

Le scuole private invece, rivolte ai facoltosi, operano in modo produttivo secondo la logica economica del maggior rendimento ad un prezzo adeguato. Alla scuola privata si offre quello che la pubblica non può dare (Diciamo bene che non può dare attualmente, ma poteva erogare fino a pochi anni fa). La privata permette: orario prolungato, laboratori e attività alternative e integrative, innovazione didattica, funzionamento didattico certo.

Chi vuole di più come servizi è disposto a pagare in più. Molto di più! Queste scuole, solitamente cattoliche, sono care, ma tanto care che il comune cittadino della classe media non può permettersi la sua retta, se non a costo di forti sacrifici e per non più di un figlio.

Lo stato le finanzia!

Lo stato evita che queste paghino l’IMU! Il cittadino facoltoso le finanzia.

Le scuole per i ricchi ricevono finanziamenti, mentre quelle del resto dell’Italia (la maggioranza) invece non riceve nulla! Anzi ricevono solo promesse e null’altro. Le scuole pubbliche, non ricevono finanziamenti dei genitori, il loro contributo e miserevole rispetto a quello che ricevono le private, si tratta di un contributo annuale “volontario” di poche decine di euro (che occorrono per l’assicurazione e altri servizi primari). Inconfrontabili alle rette mensile delle private le cui rette sono di diverse centinaia di euro al mese.

Forse lo stato con la legge “Aprea” intendeva condurre le scuole Statali a divenire aziende partecipate dai privati. Una sorta di partecipazione economica del privato, che entrava di diritto nel Consiglio d’istituto. Le imprese avrebbero rappresentato l’aiuto fornito alle scuole per ottenere un’azione formativa rispondente ai propri bisogni industriali. Avrebbero investito del proprio capitale allo scopo di sovvenzionare alcune scuole, discorso valido per le secondarie più vicine a formare il futuro operaio o classe dirigente, mentre cosa sarebbe stato delle scuole primarie? Chi le avrebbe finanziate?

La classe dirigente politica italiana non sa più cosa inventarsi nei confronti delle scuole, dopo essere passati per l’aumento a 24 ore ai docenti, con un incremento del 33% del carico lavorativo, senza corrispondente adeguamento salariale, cerca gli stessi risparmi tagliando sempre sulla pelle della scuola. Si parla ora di ridurre i contributi per le funzioni strumentali e per le attività del Fondo d’Istituto. Tagli, tagli e soltanto tagli, ormai per il personale scolastico sembra una cantilena imparata a memoria. Sembrerebbe strano il contrario.

La scuola avviata su questa china si dimostra ormai del tutto fallimentare. I nostri figli si recano a scuola giocando all’enalotto per ricevere un servizio adeguato. Giorni nei quali il servizio scolastico, sfidando tutte le leggi economiche è produttivo, e giorni nei quali vi è una reale impossibilità nello svolgere una lezione per mancanza di un nonnulla o di un docente.

Sui grandi numeri le scuole italiane ne escono ulteriormente fallimentari per quando riguarda l’innovazione. I vari ministeri fanno a gara a introdurre innovazione tecnologica nelle scuole, calando tecnologia dall’altro. Diffusione avvenuta a macchia di leopardo di strumenti quali: LIM, cl@assi 2.0. Diffusione che sembra aver cavalcato i soli scopi propagandistici, perché avvenuta senza un’adeguata preparazione del personale scolastico, forse nell’ottica di accontentare i rivenditori di tecnologia, senza ascoltare i reali bisogni formativi.

Da una parte una tanto “osannata” autonomia della scuola che dovrebbe rispondere alle esigenze del territorio adottando un’opportuna didattica, dall’altra una mano lunga dello stato che cala su di essa le sue personali ricette!

Obbligo all’uso della dematerializzazione degli atti (pagella o di un registro elettronico) o di determinati strumenti informatici.

Alcune scuole, per altro, sono riuscite a svecchiare il loro impianto tecnologico solo grazie ai fondi FESR, altrimenti sarebbero ancora colpevoli di utilizzare tecnologia informatica del millennio scorso!

 

A me pare che la scuola sia destinata a fallire, tanto più che i continui tagli, le riduzioni operate senza soluzione di continuità saranno compiute anche negli anni a venire. Di questo passo più che scuola dell’autonomia quella italiana diverrà la scuola dell’abbandono! Nessun piano a lungo termine viene studiato per il futuro del cittadino, all’incertezza dell’economia e della produttività europea e nazionale si aggiunge anche la dismissioni delle basi di una società civile: il suo sistema d’istruzione e formazione.

 

A proposito di competenze digitali

Posted: 5th dicembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Ci ho riflettuto, l’altro ieri impiegando circa 1 ora ho messo in campo le mie competenze digitali per riuscire in un attività di e-government.

L’obiettivo  era quello, come faccio di solito, di bypassare le trafile, gli sportelli, le lungaggini che tutti i normali cittadini compiono quando si trovano di fronte alle incombenze amministrative, svolgendo tutto da casa.

Preambolo.

Per mancanza di tempo (!!) a giugno mi ero rivolto (pagando e perdendo innumerevole tempo) ad un patronato per farmi calcolare il mio “acconto” IMU. Ora a settembre era giunto il momento di pagare il saldo, occorreva ritornare al patronato  per ricevere la cifra aggiornata con le nuove aliquote comunali e la stampa del modello F24 compilato. L’esperienza fatta a giugno mi ricordava che avrei dovuto fare la fila insieme a tutti i cittadini con lo stesso problema… ritornare più volte per un lavoro fatto male, infine con il RAV rifare la fila alla posta per il pagamento.

Ho deciso che mi poteva bastare avrei risolto tutto al PC.

E da precisare, naturalmente, che il problema posto (risolvere tutto al computer) non era mai stato praticato da me in precedenza. Cioè senza competenza di contabilità di aliquote, conoscenza di siti particolari dove reperire informazioni, mi sono avventurato tramite ricerche internet alla ricerca della soluzione. Nessuna guida mi ha illustrato dove recarmi, cosa cercare, cosa premere, cosa attivare, come compilare. Tutto è venuto mettendo in pratica le competenze digitali acquisite e fidando nelle mie conoscenze ed esperienze pregresse in altri campi. A volte, io credo, occorre anche inventiva e creatività per riuscire lì dove si percorrono strade mai battute prima.

Ho navigato mettendo in pratica le mie competenze, ho rintracciato siti che spiegavano come calcolare l’IMU. Mi occorreva la rendita catastale aggiornata, e per questo ho rintracciato e fatto una visita al registro del catasto online, effettuando un interrogazione personale. Ho così ottenuto i valori aggiornati, aggiungendo un dato fiscale che il Patronato aveva erroneamente tralasciato, mi sono recato sul portale del mio comune dove ho reperito il calcolo del IMU online vi assicuro che non è semplice compilare tutti i form, con la sicurezza che uno sbaglio si tradurrà in una futura multa e cartella esattoriale. Le mie perplessità si sono concentrate sulle condivisioni delle detrazioni per i bambini tra i coniugi. Alla fine dopo aver scaricato (non stampato per risparmiare carta) l’F24 mi sono recato sul sito della mia Banca per effettuare il pagamento della tassa direttamente OnLine. Sfruttare l’home banking non è una cattiva idea e in pochi secondi ho potuto decidere che “l’obolo” venisse pagato il 12 dicembre, quando la scadenza naturale è il 17 dicembre.

 

In questo semplice modo ho evitato tutti i problemi, le lungaggini, le spese alle quali è sottoposto il cittadino con competenze digitali scarse.

Una mia riflessione: La scuola potrebbe puntare anche a queste competenze?

Risposta: nei miei corsi di informatica, agli alunni della mia scuola secondaria di primo grado, fornisco proprio queste competenze. Gli alunni si mostrano entusiasti delle scoperte che gli prospetto, la navigazione della rete critica e costruttiva li affascina molto: conoscono e si orientano nelle infinite possibilità offerte dalla rete, con estrema facilità (Hanno una mente aperta e internet rappresenta la loro realtà più prossima).

Invece ciò non accade nei corsi PON, da me tenuti, finalizzati all’aggiornamento e formazione professionale dei docenti (coloro che dovrebbe profondere dette competenze nei propri alunni).

Colpa la mancanza di competenze minime iniziali, diversi docenti si dimostrano refrattari se non proprio ostili alle predette operazioni, anche di natura più semplici.