Libri del futuro. Editoria Digitale

Posted: 6th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Alberto Manzi, storico maestro che negli anni del dopoguerra commosse l’Italia con il suo carisma e la dolcezza con cui insegnava agli adulti analfabeti a scrivere nel famoso programma televisivo “Non è mai troppo tardi” sosteneva che:

“per il ragazzo il libro deve […] essere qualcosa di piacevole, dove si può non solo leggere, ma colorare, trasformare, fare, disfare, ampliare, ridere, inventare, riflettere […]. Il libro si trasforma così in qualcosa di personale, perciò vivo”.

A. Manzi, Perché un nuovo libro di lettura?

Queste affermazioni sono oggi più che mai attuali, trovano eco nelle più recenti raccomandazioni europee che sottolineano l’importanza di “rendere l’apprendimento più attraente” e potranno forse trovare un alleato nella tecnologia digitale che può aiutare a potenziare queste caratteristiche di manipolazione del testo, appropriazione e personalizzazione, finora relegate principalmente nella mente del lettore.

“Non è mai troppo tardi”, aggiungo io, soprattutto quando si tratta di inventare il futuro. E a pensarci bene il futuro non è poi così lontano se si pensa alle adozioni del libro di testo in forma digitale con le quali le scuole italiane (e l’editoria scolastica) si dovranno confrontare a partire dal prossimo anno scolastico. Il problema, in questo caso, è proporre soluzioni che sappiano mettere in pratica e sfruttare il vero valore aggiunto del digitale che non può, e non deve, emulare quello che il testo analogico ha fatto (e continuerà a fare) egregiamente per tanti secoli. A mio parere questo valore aggiunto risiede principalmente in tre parole chiave: socialitàriscrivibilità dei testi e contenuti “arricchiti” (enhanced content o “media rich content”), ovvero potenziati dai linguaggi multimediali.

 

Il libro, strutturalmente lineare e statico, viene usato a scuola in una modalità erogativa, con la mediazione del docente che spiega un concetto e rimanda a un nuovo approfondimento che avviene sempre su un testo. Se riuscissimo ad avvicinare la struttura della comunicazione (lineare per definizione) a quella della conoscenza, reticolare e associativa, forse i processi di apprendimento potrebbero risultare meno mediati e più trasparenti. Il modo per mettere in atto questo isomorfismo tra struttura della conoscenza e struttura della comunicazione è dato dalla rete.

Dalla cultura stampata a quella in rete molte delle dinamiche alle quali eravamo abituati stanno cambiando e la lettura, attività di natura prevalentemente intimistica e privata, si apre a inedite modalità di condivisione. È questo il caso diVOOK, contrazione di video e book, che propone un’esperienza di lettura più completa, arricchendo il testo lineare di video e di social networking. Quest’ultima componente, in particolare, si colloca come un’azione complementare che rientrerebbe proprio nel nuovo modo di “leggere”; non è un caso che il motto dell’iniziativa sia read-watch-connect. L’esperienza del libro si fa così più ricca (grazie anche all’impiego, sul medesimo medium, di più linguaggi multimediali) e completa, consentendo all’utente di interagire online con amici, sconosciuti o l’autore stesso del testo. Questo prodotto è fruibile sia online, da un normale computer, sia in completa mobilità, su dispositivi come iPhone o iPad.

Su questa linea si collocano anche nuovi social network che fanno della lettura di un testo, ma soprattutto della sua riscrittura sociale, un valore aggiunto. Mi riferisco ad esempio a Bookliners, una community di persone che condivide la passione per la lettura (in questo un po’ simile al già noto Anobii o anche aGoodreads) dove non solo è possibile disporre di interi testi digitalizzati, ma anche inerire le proprie annotazioni a margine, condividerle con gli altri utenti i quali, a loro volta, possono commentarle o aggiungerne di nuove. Si viene così a creare un nuovo testo a latere, una sorta di metatesto sociale, reso possibile solo grazie al potere della rete.

Infine, per fornire un esempio di quello che si indica come contenuto digitale a valore aggiunto, ovvero in grado di esplorare le potenzialità interattive, manipolative (potenziate anche grazie all’introduzione delle interfacce touch) e multimediali, propongo la visione di questo video.

 

 

Il prototipo di questo libro digitale è frutto del lavoro dello sviluppatore Mike Matas e dimostra come sia possibile interagire con i contenuti multimediali, manipolandoli, spostandoli a piacimento e, in un certo senso, “riscrivendo” l’organizzazione del proprio libro.

Interazione e personalizzazione sono potenziate ed il lettore è fisicamente e mentalmente attivo nel proprio percorso esplorativo fatto di simulazioni, video e grafici interattivi. Naturalmente c’è anche il testo scritto che viene qua asciugato per lasciarsi completare da altri linguaggi in grado di mostrare quello che viene descritto. Con questo non intendo affatto dire che il libro cartaceo non ha più motivo di esistere, ma credo che possa convivere in un sistema di altri media dove ciascuno di questi può specializzarsi nelle proprie funzioni.

Allora forse il libro di testo, soprattutto nella sua forma mista (legge 6 agosto 2008, n. 133) saprà interpretare meglio il proprio ruolo di manuale e lascerà al digitale le funzionalità dell’esplorazione e delle esercitazioni interattive.

Citando Roncaglia è opportuno ricordare che il libro,  fino ad ora, ha mantenuto due funzioni strategiche:

(…) rappresentare un po’ il punto di riferimento e il filo narrativo che accompagna lo svolgimento del programma e offrire il primo (e purtroppo in molti casi l’unico) incontro con quella che è stata per secoli la forma principale di organizzazione del sapere: la forma-libro.

Roncaglia G., La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro.

La sfida, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, sarà dunque quella di non lasciare solo il libro nel ruolo che ha finora ricoperto, ma di affiancarlo a strumenti digitali che possano aprirlo a forme inedite di lettura/scrittura, manipolazione, socialità, personalizzazione e condivisione della conoscenza.

 

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