Proprio ora sono tornato dal convegno promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale della Campania (era presente il direttore generale: Diego Bouché) e l’AICA tenutosi a Napoli al Polo tecnico “Fermi-Gadda” corso Malta 141.

Il convegno ha snocciolato dati sull’importanza delle competenze e il riconoscimento delle competenze a livello Europeo. L’intervento delle varie figure girava comunque sulla certificazione dell’AICA che ha quindi proposto questo convegno ai fini solo propagandistici e pubblicitari. Sono passate slides sui costi dei singoli esami o di certificazioni complete. Alcune argomentazioni sono partite dalla informatizzazione dei bambini i cosiddetti “Digital Native” e alle raccomandazioni e competenze chiavi richieste dall’Europa. Bei discorsi… ma io mi sono focalizzato su due aspetti promossi al convegno. La spendibilità europea delle certificazioni! Bene se le certificazioni sono diffuse a livello europeo significa che sono migliori di altre… Ben inteso i loro dati non sono valutabili e quindi se l’AICA promuove le competenze ECDL come le uniche valide in europa, significa che essa stessa è presente in altri stati europei e che altri cittadini europei si servono delle loro certificazioni. In questo modo se un cittadino italiano in possesso di una loro certificazione, poi questa al vaglio per un assunzione in una ditta poniamo della Germania, verrà valutato al pari del cittadino Tedesco con una certificazione tedesca.

Bene spero di essermi espresso adeguatamente per la spendibilità della certificazione, verso il termine del convegno si è illustrato la validità della certificazione “IT Administrator” adducendo che ad un impresa avere una figura professionale con tali competenze avrebbe portato un beneficio in termini di produttività del 75%.

Bene secondo il mio modesto parere, di tutte le belle parole spese al convegno, non ho sentito percepito l’aggancio con il territorio. E’ mancato l’aspetto “Glocale”, troppo europeismo, aggancio alle “raccomandazioni” ma pochi riferimenti alle realtà territoriali. Faccio un esempio sulle competenze ai fini lavorativi. Presentando la certificazione come “bene europeo” sembra che l’apertura all’Unione permetta la migrazione in altri stati con molta più facilità. Con la nostra realtà lavorativa,  in particolare del meridione, dove prevale ancora l’impresa individuale, al massimo “nano imprese” non mi spiego che significato avrebbe la certificazione  ”IT administrator”! Una figura che ha poca valenza nella nostra realtà, ma sicuramente necessaria in aziende medio-grandi come quelle dell’Europa.

Posso quindi affermare che il messaggio che potrebbe essere passato al convegno è quello che la certificazione delle competenze, sempre che sia riconosciuta a livello Europeo “messaggio AICA”, (e vi confermo che non esiste una certificazione unanimemente o europeo riconosciuta) permette ai futuri cittadini di poter agevolmente emigrare in un paese “membro” per sfruttare le sue competenze, tanto da noi, con l’evoluzione della disoccupazione a livelli record, vi è poca spendibilità.

Posso concludere con un motto? “Certificatevi ed emigrate”…

 

 
 

L’IPERTESTO: STRATEGIA VINCENTE PER LO SVILUPPO DEI PROCESSI COGNITIVI

 

Fausta Carasso Mozzi

 

Formazione e multimedialità

 

Fino ad una decina di anni fa come supporto audiovisivo alla didattica venivano usati in modo prevalente film e videocassette mentre l’utilizzazione del personal computer era destinata a precisi compiti di scrittura ed elaborazione di dati. Oggi si è rovesciato il rapporto tra i supporti didattici e non c’è attività didattica che non benefici dell’uso del mezzo informatico: per migliorare l’efficacia della lezione, per elaborare dati, per somministrare test informatizzati, per rappresentare strutture o eventi particolari, per simulare in laboratorio esperienze non realizzabili praticamente per mancanza di strumentazione adeguata o troppo pericolose, per gestire attività di recupero per svantaggi e handicap, senza poi entrare nel dettaglio di tutte le facilitazioni della navigazione in rete.

Ormai ogni scuola dispone di aule di informatica e di insegnanti esperti. Le nuove tecnologie informatiche, entrate nella scuola per essere insegnate come oggetto didattico, vengono anche utilizzate come strumento multimediale al posto del libro, del giradischi o del proiettore. La macchina informatica è diventata multimediale, utilizza testi, suoni, immagini statiche e in movimento tanto che il termine multimedialità viene utilizzato per indicare l’integrazione informatica di più mezzi o codici espressivi all’interno di uno stesso testo.

 

La multimedialità offre nuove opportunità per avvicinare la cultura dei giovani ai saperi formalizzati, utilizzando quel modo di ragionare, improntato alla creatività e all’apertura di interessi, che essi hanno sviluppato con l’uso delle applicazioni multimediali interattive fuori dalla scuola e per incidere, con nuove forme di dialogo, sul loro modo di pensare la realtà e di apprendere.

 

Molti? Gli insegnanti sono diventati dei buoni fruitori delle nuove tecnologie informatiche, esprimono pareri in termini di velocità, economicità, espressività, efficacia ma, essendo mancato finora un dibattito allargato che li coinvolgesse, proprio per la rapidità con cui queste tecnologie si sono evolute, conservano un atteggiamento acritico sulle condizioni d’uso e sull’insieme delle prospettive didattiche che esse possono aprire.

Per questo sarebbe ora il momento di cominciare a valutare l’impatto pedagogico delle nuove tecnologie nei vari momenti dell’attività scolastica per evidenziare le specificità d’uso e i vantaggi che le didattiche disciplinari potrebbero ricevere e per facilitare l’attuazione dei cambiamenti previsti dall’Autonomia.

Infatti la scuola sta attraversando un momento di transizione, dalla didattica tradizionale alla didattica impostata su una concezione costruttivistica della conoscenza, che richiede di rivedere la teoria e la pratica dell’azione scolastica per far sì che l’insegnamento non sia solo trasmissione di un corpo di conoscenze statico e immodificabile ma anche facilitazione alla costruzione e all’integrazione delle conoscenze.

La multimedialità può essere un mezzo per offrire nuove opportunità verso la costruzione di apprendimenti integrati e significativi.

Per U. Margiotta (1)

 

“Il vero problema dell’insegnamento è quello di assicurare, assecondare, sostenere, perfezionare le possibilità di integrazione degli apprendimenti da parte degli allievi e l’informatica può fornire risposte credibili al problema in due modi: oggettivamente può (grazie allo sviluppo delle procedure ipertestuali) consentire agli insegnanti prima e agli allievi poi di navigare tra conoscenze e di imparare a comunicare tra universi di conoscenza; soggettivamente, obbliga ciascun insegnante a riordinare i paradigmi epistemologici su cui fonda le sue qualità di intellettuale specializzato nell’insegnamento”

 

Egli ritiene che i media non possano più essere intesi unicamente come strumenti di comunicazione, ma debbano essere concepiti come veri e propri strumenti di produzione di lavoro, di conoscenza, di informazione, di scelte e decisioni, come risorsa fondamentale per far sì che l’insegnamento svolga il suo compito precipuo, quello di assicurare una riproduzione delle conoscenze personalizzabile, e quindi rigenerabile:

 

“Riprodurre i processi di critica e di crescita della conoscenza è il compito specifico dell’insegnamento nelle società complesse: e l’educazione al lavoro intellettuale è la vera, attualissima frontiera per il nostro Paese. La centralità e la trasversalità dell’informatica all’insegnamento trova in questo un altro punto di conferma: e precisamente nel fatto che la metodologia dell’insegnamento disciplinare coincide con i programmi di critica e di crescita di ogni area conoscitiva. Così che insegnare non significa più solo produrre trasformazioni nella mente dell’allievo, ma – attraverso di lui – produrre trasformazioni nelle stesse conoscenze che si trasmettono”.

 

Molti altri autorevoli pareri sottolineano questa esigenza di ripensare il rapporto tra didattica e nuove tecnologie e andare al di là del modello strumentale, per considerare invece la multimedialità come risorsa per sviluppare un pensiero aggregativo e promuovere criticità.

Per R.Maragliano (2) si tratta di vedere la multimedialità ” come chiave filosofica generale per fare i conti con la configurazione in perenne movimento del problema generale della formazione”

Egli, in alternativa ad un “modello strumentale” che vede prevalere l’idea della fruizione acritica delle macchine e delle applicazioni multimediali, senza mettere in discussione le strategie d’uso e di produzione e senza considerare le prerogative del soggetto che apprende nè la natura epistemica dell’oggetto da insegnare, propone “un modello pedagogico esigente dei media” che intende la macchina cognitiva mi pare un termine molto forte, che forse andrebbe qualificato come risorsa e ripensamento complessivo della formazione, nel senso che

 

“offre, a chi si occupa di formazione più che un repertorio di soluzioni materiali a problemi già definiti, la sollecitazione a proiettarsi su nuovi orizzonti problematici e ad adottare nuovi schemi interpretativi”.

Anche F. Di Marco Campione (3), con riferimento alla C.M. del 24.4.97, che ha come oggetto il programma di sviluppo delle tecnologie didattiche, precisa:

“La multimedialità non può essere considerata solo in chiave di procedure e di strumenti tecnici, poiché costituisce essa stessa una dimensione culturale dalla quale non si può prescindere…. non investe solo il campo delle tecnologie informatiche ma si pone come informazione e comunicazione, e perciò: espressione e comunicazione; ricerca, elaborazione e rappresentazione delle conoscenze in relazione alle diverse aree del sapere; comunicazione interpersonale e collaborazione a distanza.

La multimedialità non si rivolge soltanto agli studenti per una migliore educazione, ma rende più efficace l’insegnamento e l’apprendimento delle discipline e migliora la professionalità dei docenti.”

E’ necessario dunque vedere come, in virtù di quali benefici le nuove tecnologie informatiche possono essere considerate “nuove tecnologie didattiche”, in modo che sia acquisito e condiviso il quadro di riferimento.

Esaminando le attività connesse con l’insegnamento occorre sottolineare la centralità del problema di assicurare allo studente le condizioni ottimali per apprendere.

L’insegnante non può solo trasmettere informazioni e lasciare all’allievo il compito di elaborare e organizzare le conoscenze; ma deve progettare ambienti di apprendimento nei quali lo studente abbia la possibilità di collegare ciò che già conosce con i nodi concettuali oggetto di studio e ricavare, secondo una logica reticolare, letture aperte, critiche, personalizzate, della realtà.

 

U. Margiotta (4) ricorda che i migliori apprendimenti sono quelli che risultano strutturati in modelli esperti di lavoro intellettuale

 

“Noi pensiamo, e dunque apprendiamo, non producendo inferenze, ma innanzitutto, e ricorsivamente, producendo significati. I nostri modelli mentali non sono sillogismi, ma reti aperte di sistemi e di nodi di simbolizzazione. Non è un caso che di recente, in stretta connessione con il problema della qualità dell’istruzione, si vada diffondendo il concetto di mappa cognitiva anche nella ricerca cognitiva e nella pratica didattica. Intuitivamente, una mappa cognitiva è una mappa mentale di una zona più o meno familiare dell’esperienza ed è formata da elementi di informazione della più diversa natura …..Le mappe cognitive ogni mente se le forma entro mondi testuali infiniti, navigando tra universi di conoscenze codificate, tra codici simbolici, iconici, acustici, grafici”

Quando gli studenti cominciano a strutturare una costruzione cognitiva, “la loro rappresentazione della conoscenza procede per isole organizzate di conoscenza sotto forma di mappa: gruppi di oggetti (saperi, tecniche, conoscenze, comportamenti, stili di vita e/o di lavoro) sono organizzati in accordo con le loro relazioni spaziali reciproche, ma non ancora con l’intera base di conoscenza. Infine gli allievi procedono a dotarsi di un sistema obiettivo di riferimento…..A questo punto il sistema-mente ha raggiunto soglie di mobilità interna e di reversibilità…le diverse mappe cognitive diventano reti semantiche, ovvero modelli mentali: modelli di lavoro intellettuale, modelli di comportamento della mente, modelli “esperti” e personali di organizzazione della mente”

 

Di conseguenza chi insegna deve rivedere l’organizzazione dei saperi, per poter proporre ipotesi di lavoro didattico epistemologicamente aggiornate, e individuare modelli esplicativi in grado di mettere in relazione in modo economico, esperto ed efficace le configurazioni formali dei saperi disciplinari con la complessità del mondo reale.

Nel progettare, deve porre attenzione sia ai contenuti che alle strategie di guida cognitiva che intende usare per sostenere lo sviluppo dell’apprendimento. Deve anche tenere presente l‘utilità di realizzare situazioni di apprendimento cooperativo, e di situazioni che favoriscano lo sviluppo di strategie generali di autoregolazione e controllo perché lo studente abbia la possibilità di acquisire man mano la consapevolezza dell’entità dei saperi e della loro spendibilità culturale e sociale.

 

Se utilizzata per supportare alcune delle attività indicate, veramente le nuove tecnologie informatiche possono fregiarsi dell’attributo “didattico” e migliorare le modalità e la qualità dell’apprendimento.

Sempre nel documento citato, la prof. Di Marco Campione sostiene:

 

“L’uso delle tecnologie non deve essere fine e oggetto dell’aggiornamento ma diventare uno strumento utile nelle mani dei docenti per la consultazione delle banche dati, per la ricerca di materiali, lo scambio di esperienze, la consulenza e l’assistenza a distanza, il lavoro cooperativo, l‘autoformazione”

 

Volendo articolare maggiormente il discorso, si può sostenere che le nuove tecnologie, e in particolare l’ipertesto, possono essere un valido aiuto per:

  • inserire conoscenze formalizzate dentro il campo della cultura informale e problematizzarle
  • sviluppare il pensiero procedurale e il pensiero ideativo – immaginativo
  • integrare saperi disciplinari diversi con connessioni nuove, inedite, tra saperi, superando così la rigidità dell’impianto metodologico didattico dell’Istituzione scolastica
  • affrontare problemi complessi con l’uso di analogie
  • facilitare l’organizzazione dei saperi secondo una logica modulare, utilizzando le strutture ipertestuali che hanno lo stesso tipo di impianto e la stessa logica.
  • creare ambienti di formazione adatti allo sviluppo del pensiero critico, secondo la concezione del pensiero filosofico del novecento che vede la scienza non tanto come una serie di enunciati da trasmettere ma piuttosto come una serie di teorie in evoluzione da comprendere
  • comparare di linguaggi, saperi e procedure diverse per ottenere larghezza di vedute, mobilità, concretezza.

Ciò implica particolare attenzione nell’uso di risorse come l’interattività e la multimedialità.

L’interattività dà a ciascuno opportunità di imparare, interagendo con i tempi e gli stili di apprendimento che gli sono propri. ed offre occasioni di partecipazione attiva e di attuazione di processi di autoregolazione.

Infatti l’interazione con la macchina è un’azione libera che asseconda la curiosità e la propensione ad apprendere dello studente lasciandogli la possibilità di scegliere le vie di accesso all’informazione che preferisce, a seconda delle sue conoscenze e dei suoi interessi, di soffermarsi sulle sequenze più interessanti, di “entrare” nelle situazioni simulate, di fare test per l’autovalutazione , di ritornare alle sequenze già percorse per ricostruire in modo organico quanto appreso.

Naturalmente il successo di queste operazioni dipende dalla competenza dell’insegnante e dalla sua capacità il saper prevedere e orientare la libertà di interazione e di esplorazione verso ambiti e livelli appropriati.

 

La multimedialità secondo, U. Margiotta, per dare buoni risultati in campo scolastico richiede multialfabeti, e l’insegnante oggi tende ad essere multialfabeta perché usa linguaggi diversi per facilitare i processi di mapping degli studenti tenendo conto delle differenze individuali che si esplicano con diversi stili cognitivi e diverse modalità di apprendimento.

 

“Multialfabeta è colui che utilizza linguaggi diversi per comunicare.

Usare linguaggi diversi significa creare continuamente nuove mappe cognitive a seconda dei contesti d’uso di riferimento delle procedure di conoscenza o di azione in cui è impegnato; significa produrre strategie appropriate di soluzione dei problemi e conseguentemente metodi e prospettive ‘competenti’ di esplorazione. In altre parole multialfabeta è colui inventa secondo la classica etimologia del termine ‘invenio’: e cioè scopre trova organizza riorganizza, inventa setting esperti di interazione, di comunicazone e di relazione”

 

 

Ecco dunque che si delinea il nuovo aspetto della progettazione per l’insegnante consapevole delle potenzialità del mezzo informatico multimediale, quello di inserire sistematicamente l’utilizzazione del computer e delle sue applicazioni in fase di progettazione.

Progettare reticolazioni del sapere secondo la logica ipertestuale che facilita le associazioni tra le idee, l’integrazione delle conoscenze e delle procedure e l’apprendimento per analogia può essere attività molto gratificante.

 

 

Ipertesto

 

L’ipertesto è un’applicazione informatica ad alto potere informativo e alta interattività nella quale le informazioni sono organizzate per associazione. I nuclei di informazione (nodi) sono collegati ad altri nodi per mezzo di legami basati su nessi logici, in modo che il fruitore possa navigare da un nucleo all’altro, da un concetto all’altro, da un oggetto a un altro con grande libertà.

L’ipertesto può quindi essere visto come una rete di nodi interconnessi da legami: ogni nodo costituisce un nucleo di informazione autonomo e autosufficiente che trasmette il proprio contenuto con codici e linguaggi diversi, a seconda dei casi; ogni legame rappresenta il nesso logico che connette un nodo ad un altro.

 

Il concetto di ipertesto si è evoluto nel tempo ed ha consentito di realizzare finalità sempre nuove.

L’idea di V. Bush, di un progetto per l’estensione della memoria umana che desse accesso immediato a grande quantità di testi, è stata ripresa da T. Nelson negli anni sessanta per realizzare un dispositivo per immagazzinare l’informazione per via elettronica, e archiviarla in testi interconnessi in modo da poterla usare facilmente. I progetti che si sono poi susseguiti hanno dimostrato sempre più la validità del concetto di ipertesto, tanto che, in forma evoluta, si conserva anche nelle strutture delle reti telematiche.

 

Volendo proporre delle definizioni, per D. Monet(5), ipertesto è:

 

“Concetto e tecnologia di collegamento tra testi che l’utente, a prodotto finito, manipolerà per mezzo di bottoni (zone attiva sullo schermo) posizionati su parole, frasi o icone”,

mentre l’ipermedia, in quanto estensione dell’ipertesto, è:

“Concetto e tecnologia di collegamento di testi, di elementi sonori o audiovisivi che l’utente, a prodotto finito, manipolerà per mezzo di bottoni (zone attiva sullo schermo) posizionati su parole, frasi o icone”

Ciò consente di distinguere le forme ipertestuali multimediali da quelle esclusivamente testuali, anche se poi in pratica il termine ipertesto è quello più comunemente usato.

 

Per G. Bettetini (6), con ipertesto si intende indicare una forma testuale che consente, mediante artifici vari, oltre alla lettura sequenziale (dall’inizio alla fine), una lettura in cui le parti del testo possono essere visitate secondo itinerari associativi previsti dall’autore.

Egli considera l’ipertesto un

 

“macrotesto composto di microtesti tra loro connessi in una mappa–labirinto esplorabile dall’utente, in cui non sono presenti solo le origini dei rimandi intertestuali ma anche le loro destinazioni” che si manifesta “come visibilizzazione della struttura testuale in cui sono inclusi anche gli strumenti della sua interpretazione”.

 

ed enfatizza il fatto che l’ipertesto si configura oltre che come “Macchina per l’interpretazione dei testi che ne fanno parte” anche – a un livello di astrazione diverso – come “Rete semantica e concettuale attorno ad un argomento”.

Infatti l’ipertestualità e l’ipermedialità si connotano per essere oltre che tecniche informatiche, “modi di articolazione del significato” perché danno la possibilità di organizzare i saperi in reti semantiche percorribili secondo logiche diverse.

 

La possibilità di movimento, di navigazione, che l’utente ha all’interno delle informazioni, è tanto migliore quanto più i rimandi tra le parti dell’ipertesto sono stati ben concertati, ossia quanto più i legami hanno organizzato con coerenza la struttura ipertestuale.

Il concetto di navigazione ha potuto estendersi alle reti telematiche proprio in virtù dell’analogia tra il concetto di ipertesto e di rete: come l’ipertesto è un

insieme di legami tra nodi, così la rete è un insieme di legami tra ipertesti.

Quindi, l’ipertesto nella sua dimensione informatica, è un programma software per navigare all’interno di una rete di nuclei di informazione, mentre nella sua dimensione didattica è mezzo per produrre e far produrre, secondo criteri di continuità tematica, collegamenti tra corpi di conoscenze della stessa disciplina ma anche tra ambiti disciplinare tradizionalmente separati

 

Un’interessante analisi è stata condotta da G. Bettetini e collaboratori per rileggere i livelli di cui si compone la dimensione comunicativa dell’ipertesto. Allo scopo, egli ha scelto di privilegiare come chiave euristica la nozione di spazio con tre accezioni diverse: spazio logico, spazio visibile e spazio agito.

 

Lo spazio logico è la dimensione spaziale invisibile nella quale sono organizzati i contenuti della rete ipertestuale; è la struttura connettiva che esplicita la rete di relazioni che lega i testi.. E’ quindi la costruzione intertestuale che dà la possibilità di “veicolare un senso complessivo attraverso le relazioni tra i singoli elementi”.

La struttura dell’ipertesto dipende dalla posizione e dalla funzione che viene attribuita ai legami; essi infatti oltre alla funzione strutturale di tenere interconnessi i nodi, hanno la funzione di stabilire collegamenti semantici tra le varie parti che compongono il documento. Le strutture ipertestuali assumono forme diverse a seconda delle logiche organizzativa e associativa che sono state privilegiate, in fase di progettazione, per facilitare la navigazione.

Una caratteristica costante dello spazio logico è data dalla multilinearità cioè dall’assenza di una struttura logica vincolante; nelle molteplici possibilità di percorrenza deve essere il fruitore che, con le sue scelte e la sua logica delinea la linearità del percorso.

 

Esaminando un ipertesto è possibile individuare sia la logica relativa all’organizzazione con la quale i vari ambiti sono stati messi in relazione sia la logica di associazione che presiede la percorrenza tra i nodi: ne risultano configurazioni ad albero, a galassia , a rete, ecc. che rappresentano l’insieme all’interno del quale ciascun elemento acquista un particolare senso.

 

Lo spazio visibile, è lo spazio dello schermo nel quale si percepisce lo spazio logico.

E’ la pagina multimadiale nella quale si stabiliscono i rapporti tra i vari media e nella quale le dinamiche di significazione si svolgono contemporaneamente

 

Lo spazio agito è lo spazio sul quale è possibile intervenire e nel quale si sviluppano la dinamiche di fruizione.

La qualità di un prodotto multimediale dipende proprio dalla qualità dell’interazione tra sistema e utente, e quindi dalle facilitazioni che egli riceve nel personalizzare i modi di comunicare e apprendere .

 

 

L’ipertesto nella didattica

 

Da queste descrizioni emerge l’importanza che può assumere l’ipertesto nella scuola.

Per D. Monet

 

“L’ipertesto, gli ipermedia e la consultazione di basi di conoscenza, immagazzinate in CD-Rom o accessibili tramite rete, iniziano il ragazzo al processo di ricerca, per analogia di argomenti o per gerarchizzazione delle conoscenze. Sviluppando il gusto del sapere e lo spirito di iniziativa, permettono di acquisire un metodo di lavoro, per esempio quello di cercare e localizzare l’informazione …o di lavorare a progetti comuni in rete, in tempo reale, in gruppi tematici appositamente costituiti”.

 

Ma il valore formativo dell’ipertesto può ulteriormente esplicarsi pensando a ciò che veramente è :

- tipologia di organizzazione reticolare dell’informazione;

- tecnica che utilizza l’interattività per sviluppare criticità;

- mezzo di informazione che valorizza codici diversi nella didattica

ed ai vantaggi che si possono avere.

Infatti l’ipertesto:

  • può facilitare, grazie all’interconnessione di nodi appartenenti a campi disciplinari diversi, l’aggregazione e l’integrazione delle conoscenze
  • può offrire molteplicità di percorsi per rendere efficace e personalizzabile l’apprendimento
  • può consentire la gestione dell’informazione a diversi livelli di formalizzazione
  • può privilegiare le correlazioni trasversali
  • può sviluppare la dimensione metacognitiva.

 

Per Maragliano l’ipertesto multimediale presenta il vantaggio di valorizzare codici diversi e attribuire ai linguaggi sonori e visivi un ruolo strategico non diverso da quello tradizionalmente riconosciuto alla scrittura.

Disporre di tutte questa possibilità di comunicazione costituisce occasione di rinnovamento, tanto che egli propone di rivedere l’intero impianto della formazione e

 

“assumere il multimediale come ambiente di lavoro, esattamente come la scrittura è stata fin qui l’ambiente di lavoro (esclusivo) dell’azione scolastica. Cioè ripensare – ridefinire i contenuti e le forme dell’insegnamento in un’ottica di integrazione piena tra l’autorevolezza della macchina del sapere per eccellenza (il libro) e la forza d’urto delle macchine dello svago e del coinvolgimento (tv e cinema, ma anche videogioco). Insomma, utilizzare la buona multimedialità come risorsa per liberare, valorizzare, dare consapevolezza, profondità, operatività al patrimonio di esperienze dell’essere multimediale per eccellenza, il bambino, e con esso la parte infantile del ragazzo e dell’adulto.”

 

Nell’insegnamento della chimica l’ipertesto può essere di valido aiuto per educare alla padronanza del lavoro intellettuale sia nei termini generali sopra indicati, sia per superare alcune difficoltà che sono connesse all’insegnamento della disciplina come, ad esempio, quelle relative al passaggio dagli aspetti macro a quelli microscopici e quelle relative all’apprendimento del lessico.

 

 

Costruire ipertesti a scuola

 

L’ipertesto non è solo un prodotto da utilizzare ma da costruire

I vantaggi che derivano dalle attività relative alla costruzione, secondo il parere di coloro che le praticano, sono molteplici, mentre l’inconveniente principale sta nel fatto che i tempi di lavoro sono lunghi.

La costruzione “artigianale “di un ipertesto qualifica l’insegnamento perché, anche ammettendo che non produca una risorsa di grande qualità, è risorsa didattica il fatto stesso di costruirlo.

 

La progettazione deve essere prima eseguita dagli insegnanti, per definire il tema da trattare, le aree disciplinari interessate, le competenze, il livello della trattazione in relazione all’utenza. E necessario quindi disegnare una mappa dettagliata dei nodi concettuali da trattare come oggetti di studio, in modo che sia chiara la tipologia dei nuclei di informazione da elaborare e siano evidenti le connessioni che si intende far sviluppare per dare senso e significato.

In base a questa organizzazione del lavorio sarà possibile individuare quali concetti e quali modelli usare, quali ragionamenti sviluppare e quale contesto scegliere perché conoscenza ed esperienza si possono articolare.

Verranno poi discussi: i testi, le parole chiave, le risorse multimediali, le modalità di conduzione delle attività per sviluppare gli aspetti affettivi e motivazionali, le logiche che si intende privilegiare, le integrazioni che si mira ad ottenere, la natura dei processi di apprendimento che si vuole principalmente attivare, le procedure di controllo per sviluppare la dimensione metacognitiva, gli strumenti per le verifiche e i criteri di valutazione.

Ci si può attendere che lo studente con la progettazione sviluppi competenze capacità relative ad alcune delle seguenti voci.

Lavorare con il concetto di piano

Porsi con atteggiamento aperto di fronte ad un compito

Individuare problemi

Trovare analogie

Fare inferenze

Sviluppare creatività

Stabilire collegamenti semantici

Potenziare gli aspetti sociorelazionali

Trovare e costruire aggregati tematici

Prendere decisioni

Analizzare testi

Stabilire priorità

Confrontarsi con gli altri

Costruire una mappa

Operare in base a criteri

Lavorare secondo una logica

Reperire l’informazione

Organizzare i dati

Autointerrogarsi

Ricostruire procedimenti

Giustificare le proprie affermazioni

 

Da questo punto in poi la progettazione passa ex novo allo studente. Il compito dell’insegnante è principalmente quello di aiutare, facilitare, indirizzare.

Progettando, gli studenti sviluppano curiosità e interessi e imparano a pianificare (cosa sappiamo, cosa vogliamo sapere? ) ed a sviluppare capacità di scelta (quali informazioni sono indispensabili e quali altre servono per aumentare la chiarezza complessiva?) e capacità logiche (come le presentiamo le informazioni perché abbiano senso, come le colleghiamo perché siano significative ?).

 

La progettazione di un Ipertesto è il momento nel quale gli studenti costruiscono una mappa, scelgono i contenuti e le figure, selezionano le informazioni utili scrivono i testi nel formato stabilito.

Imparano ad essere coerenti a selezionare e sintetizzare, a cercare le parole per i rinvii. Maturano senso critico e senso estetico. Si abituano a usare codici, ricercare significati e trovare collegamenti logici.

L’insegnante può aiutare a sviluppare il pensiero trasversale, che rende possibile la comunicabilità tra linguaggi naturali e ambienti, per produrre interconnessioni e retroazioni e per introdurre ai linguaggi specialistici.

 

Qualunque siano le procedure che si intende seguire, per portare avanti le attività è importante, dal punto di vista didattico, non perdere di vista i tre momenti nei quali si articola l’apprendimento significativo: l’Informazione, il Laboratorio e la Verifica.

 

Informazione – momento della ricerca di informazione e della organizzazione secondo schemi di ragionamento

Laboratorio – fase di laboratorio per l’organizzazione dello spazio logico e dello spazio visibile dell’ipertesto.

Verifica – fase di sviluppo dei processi di ricostruzione,

giustificazione e generalizzazione che conferisce unità alle conoscenze ed esperienze acquisite da ciascuno.

 

L. Cerruti (7) in uno studio sull’uso didattico della multimedialità mette in evidenza i tratti costruttivi ed ermeneutici insiti nell’authoring da parte degli studenti. Ponendo a confronto tre situazioni di apprendimento diverse e riconducibili a tre modelli diversi, focalizza l’attenzione su un “modello ermeneutico” che può dare l’idea di come affrontare in modo storico-critico un tema disciplinare in un dato contesto. Egli suggerisce di

 

“favorire – espicitandolo – il duplice movimento, continuo , di decostruzione e ristrutturazione che costituisce l’asse dinamico dell’insegnamento scientifico”

 

e di concentrare il lavoro in tre fasi che rappresentano, in sintesi

 

  • un primo movimento dal tutto alle parti Comprensione del tutto così come si presenta. Divisione del tutto in parti. Decostruzione di una parte che e posta problematicamente. Analisi dei processi, dei fattori e dei tratti della parte resa problematica Acquisizione di una prima soluzione

. un secondo movimento dalle parti al tutto

Integrazione nel tutto di quanto acquisito analiticamente. Ristrutturazione del tutto nelle sue parti. Scoperta di processi, fattori,tratti finora trascurati Comprensione problematica del tutto

    • un terzo movimento dal tutto alle parti
  • Comprensione del tutto così come si presenta ora .Divisione del tutto in nuove parti. Decostruzione di una parte che è posta problematicamente ecc.)

 

Può essere interessante riportare in questa piccola raccolta di suggerimenti per la costruzione di un ipertesto, anche il parere di R. Maragliano :che sostiene gli ideali della “leggerezza, intesa come modalità e prospettiva del conoscere e dell’esperire” e del “gioco, inteso come esercizio libero della competizione, della simulazione” :

“C’è, nella multimedialità, un’irrinunciabile vocazione alla leggerezza e al gioco.

C’è un bisogno, diffuso ed espresso in vari modi, di operare nella direzione di un alleggerimento dell’idea stessa di scuola, ridimensionandone i contenuti e attenuando il carico coercitivo delle modalità classiche della formazione. Non è un problema soltanto di quantità, di eccessivo peso: peso disciplinare dei programmi e peso autoritario degli strumenti didattici. C’è pure questo. Ma si pone anche una questione di revisione qualitativa dei processi di insegnamento e di apprendimento.”

 

 

 

1. U. Margiotta (a cura di) Pensare in rete La formazione del multialfabeta CLUEB Bologna

2. R. Maragliano Tre ipertesti su multimedialità e formazione Editori Laterza

3. F. Di Marco Campione. Bollettino ASPEI n 4 del 1999

4. U.. Margiotta Riforma del curricolo e formazione dei talenti Armando Editore

5 D. Monet “Multimedia ” Il Saggiatore

6. G. Bettetini, B. Gasparini, N. Vittadini Gli spazi dell’ipertesto Strumenti Bompiani

7. L. Cerruti Ipertesti e insegnamento delle scienze. Appunti per un uso didattico della multimedialità Atti del X Congresso Nazionale della D.D.S.C.I.

 
 
Il 17/11/2012 11:08, MARIO MENINI ha scritto:

Carissimo Antonio,

anche se con molto ritardo, volevo comunicarti che finalmente uso il SW SMART con le nostre EYEBOARD. Dopo aver avviato il server e calibrato con INTERACTIVE, si apre il SW SMART, si chiude la scheda che contiene la funzione ORIENTA e si passa direttamente all’uso. Sempre grato per i preziosi consigli e per le conoscenze che mi hai trasmesso, ti ricordo con affetto. Se sei in possesso di notizie utili, ti pregherei di comunicarmele. A presto


Mario Menini

Spero che, rispetto al software della EYEBOARD con Notebook sia tutto più semplice. A scuola mia sono finalmente state montate da poco 12 LIM, un po’ alla volta (sono molte) sto installando Smart Notebook.
Per altre ” Notizie Utili“, aggiornamenti, informazioni, etc… riguardanti la LIM, la Scuola, le Tecnologie didattiche, tutto ciò che possa riguardarci, puoi seguirmi sia tramite i miei blog, (uno scolastico, l’altro personale), sia principalmente tramite twitter.
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Antonio Artiaco

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Posted: 15th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Introdurre le LIM a scuola

autore Antonio Artiaco (15-11-2012)

 

Per permettere l’utilizzazione delle LIM nella scuola è sicuramente necessario che la strumentazione informatica (connessioni tra: proiettore, computer, superficie interattiva, amplificazione audio, eventuali basette carica penne) sia funzionante e funzionale. Vanno risolti, ad esempio, i piccoli problemi di collegamento, intralci vari, valutazione delle distanze utilizzo di prolunghe, riduttori, mancanza di connettori, spine etc…

Una volta risolti i problemi di connessione, occorre risolvere quelli relativa alla logistica.

 

Utilizzare la LIM in aula presuppone che questa sia già “Attiva”. Diversi docenti lamentano il tempo sprecato all’accensione del PC e collegamento delle varie compontenti, inoltre (aggiungo io) il tempo passa anche in attesa che gli strumenti hardware si avviino, che si avviino i software, che terminano gli aggiornamenti, che si risolvano momentanei disguidi informatici: es: mancato connessione alla rete WiFI, mancato avvio e aggiornamento di un software o blocco dello stesso, etc… Una cosa è certa il tempo dell’avvio può essere impegnato dal docente a fare altro.

 

PROBLEMATICHE DELLA LIM

Naturalmente mentre per i laboratori informatici sono sempre stati previsti sistemi di protezione da vandalismi e furti, per le LIM il discorso si complica. Non è possibile blindare ogni classe, ipotesi improponibile per costi e logistica. Se la scuola ha fondi disponibili è possibile acquistare armadietti in ferro con chiusura a chiave (definibile Box contenitore) per riporre il Computer Portatile o quello fisso, ma certamente questo deterrente non scoraggia chi ha cattive intenzioni. Intanto il Box non è blindato, è fissato al muro ma può essere facilmente divelto e portato via, mentre il proiettore, solitamente agganciato alla staffa a parete, è sempre facilmente smontabile e trafugabile.

Si può affermare anche che l’armadietto non risolve il problema del consolidamento delle connessioni, perché spesso è difficile poter riporre il PC portatile, il trasformatore, la multipresa i telecomandi ed altro ancora insieme a tutta la cavettistica e collegamanenti per di più in posizione scomode per via del poco spazio verticale disponibile nel Box. Sicuramente non si elimina il problema che il docente deve affrontare “Quotidianamente”: quello della gestione di tutta l’attrezzatura informatica riguardante la LIM e in particolare della gestione dei collegamenti e connessioni varie, che a onor del vero, non portano via tanto tempo se gestiti in maniera adeguata, compiti che possono essere affidati agli stessi alunni, che in questo modo si responsabilizzano.

Occorre inoltre aggiungere che i continui allacci e disconnessioni dei cavi e dei connettori e spine varie che realizzano gli allacciamenti tra i diversi componenti della LIM, conducono rapidamente a una rovina delle spine o dei cavi, che presto si rompono.

 

Per permettere quindi un immediato utilizzo della LIM, occorre che la strumentazione sia connessa e disponibile dalla prima all’ultima ora delle attività didattiche.

La LIM va cablata (quando necessario) alla prima ora: il docente della prima ora (che per il CCNL ha l’obbligo di presenziare in classe 5 min. prima del suono della campanella), può benissimo ritirare il computer dai luoghi di custodia, provvedere ai collegamenti e al relativo avvio. Successivamente il docente presente in aula all’ultima ora può provvedere, 5 min prima del suono della campanella, allo spegnimento, scollegamento e ricollocazione del tutto.

E’ impensabile deputare una sola persona allo svolgimento di questi singoli compiti, poiché se occorrono poniamo 5 min per ogni LIM, in una scuola con 12 classi, occorrerebbe 1 ora intera per avviare tutte le macchine e lo stesso discorso varrebbe per la fine delle attività didattiche. Quindi è preferibile e consigliabile che ogni docente, in servizio o alla prima o all’ultima ora,  si assuma l’incarico di montare a smontare l’attrezzatura informatica relativa alla LIM.

 

LE ATTIVITA’ DIDATTICHE

Raggiunto l’obiettivo di facilitare l’utilizzo della LIM evitando, quindi che essa rappresenti un intralcio o una perdita di tempo, i docenti saranno liberi di dedicarsi allo svolgimento delle lezioni e attività con l’ausilio di un valido e adatto strumento informatico.

 

Le attività didattiche con la LIM, vanno però progettate e studiate in precedenza, non è possibile (se non per le prime volte) entrare in classe e improvvisare un utilizzo del nuovo strumento informatico ai fini didattici. Un impiego estemporaneo della LIM può essere utile solo per conoscerla e per una premessa iniziale.

Il docente per questo motivo deve progettare i propri interventi prima di recarsi in aula,  l’utilizzo del nuovo mezzo interattivo e multimediale dovrà essere prevista e integrata nella programmazione del docente.

 

Una volta inserita nella programmazione e strutturate le attività didattiche, il docente potrà iniziare a utilizzare la LIM quale strumento informatico per il proprio insegnamento. L’utilizzo che se ne fa rimane comunque nella sfera di libertà d’insegnamento, ma ciò non esime il docente dal possedere alcune competenze specifiche all’impiego della LIM, competenze sia didattiche: (che utilizzo ne faccio); sia competenze prettamente stumentali (come lo faccio).

 

I benefici che la LIM può apportare alla didattica sono legati a due grandi filoni di utilizzo: il primo che vede la LIM come strumento di presentazione e un secondo quale strumento d’interazione e condivisione.

 

La prima potenzialità, prevede l’utilizzo della LIM quale strumento di presentazione, modalità  di facile realizzazione e più immediata. La LIM viene utilizzata per proiettare presentazioni, per illustrare lezioni, per visionare filmati, il docente la utilizza come utilizzava la lavagna tradizionale, come mezzo di comunicazione e divulgazione del sapere. Il nuovo mezzo informatico, peraltro, propone un sapere veicolato dalla multimedialità e questo permette l’attivazione di molteplici canali comunicativi, oltre quello verbale e testuale. L’esperienza con la nuova lavagna si arricchisce del linguaggio multimediale: video e sonoro, sono media tanto cari ai nuovi alunni digitali. Osservare filmati, navigare le unità didattiche accluse all’espansione digitale al libro di testo, visionare mappe concettuali, esaminare immagini, attivano molteplici interessi e canali di apprendimento.

E’ chiaro come la LIM venga utilizzata come sussidio alla didattica tradizionale, facendolo divenire uno dei mezzi per il trasferimento delle conoscenze. Il compito del docente si limita al reperimento di materiale anche dalla rete, all’utilizzo delle versioni digitali dei libri di testo, alla conversione e realizzazione in presentazioni delle lezioni consuete. In altre parole all’arricchimento della didattica proposta abitualmente.

Per poter utilizzare la LIM secondo questo piano di intervento didattico definibile “tradizionale” occorre possedere capacità e competenze informatiche di “base”. Abilità legate alla produzione informatica personale: (gestire cartelle, file, software etc); all’utilizzo dei software d’ufficio: (scrittura digitale, presentazioni); alle competenze di navigazione e reperimento di informazioni in rete: (browser, motori di ricerca, copia e incolla, ect.). Competenze, in generale, possedute dalla maggior parte dei docenti che utilizza il computer in maniera più che adeguata.

 

Il secondo utilizzo della LIM, invece è quello più complesso e strutturato, che richiede competenze articolate e più specifiche. Naturalmente quest’utilizzo non esclude il primo.

In questo secondo tipo di intervento, le lezioni prevedono che oltre il docente, sia anche l’alunno a “saper” utilizzare la LIM, su percorsi interattivi strutturati.

 

La LIM perde quella strumentalità comunicativa che si instaura tra il docente e il discente, funzionante “solitamente” a senso unico, e diviene strumento didattico e informatico d’apprendimento per i discenti.

 

Il ruolo del docente, quando in classe è accesa la LIM, è quello del Tutor, una figura che accompagna gli allievi in un percorso conoscitivo e di scoperta all’interno di uno specifico progetto educativo stimolando l’utilizzo delle nuove tecnologie. I discenti anche collaborando tra loro, supportati dalla LIM, ricercano la soluzione alle attività didattiche prospettate dal tutor. Il percorso didattico predisposto con la LIM presenta sia la situazione problematica, sia delinea eventuali possibili soluzioni o prospetta proponibili ricerche delle informazioni tramite internet o materiali strutturati allegati. L’interattività della Lavagna digitale diviene fattiva.

La LIM diviene strumento informatico di sostegno alla motivazione, alla strutturazione del pensiero metacognitivo, essa funge d’aiuto al pensiero logico e critico degli alunni.

Gli alunni intraprendono percorsi strutturati dai docenti, dove alla istanza problematica devono proporre la loro soluzione creativa, la LIM potenzialmente permette l’erogazione di feedback e quindi diviene uno strumento di riflessione, di strutturazione e avvio alla formazione permanente.

 

Le competenze che i docenti devono mettere in campo per questo tipo di didattica sono più avanzate, perché prevedono la costruzione e realizzazione di percorsi interattivi individualizzati o individualizzabili. Il fine ultimo è la creazione di attività didattiche nelle quali la ricerca, la costruzione, la ristrutturazione, la scomposizione del sapere deve avvenire ad opera e per mano dei discienti.

Uno strumento particolarmente utile per la realizzazione di dette lezioni e sicuramente il software Editor accluso a ogni LIM. Per il suo fruttuoso utilizzo occorre un iniziale fase di formazione, sia tramite un corso specifico sia con l’applicazione individuale e personale.

Il docente deve impegnarsi innanzitutto a scaricare sul proprio computer il software proprietario della LIM, con le finalità immediate di esercitarsi al suo utilizzo e in seguito per poter realizzare lezioni da casa.

 

L’impegno didattico del docente, almeno inizialmente, in questo modo si intensifica. Il docente deve dedicarsi, oltre alle classiche ore frontali cogli alunni e quelle extracurricolari previste dal  proprio ruolo, anche a quelle ore in più per la realizzazione di nuove attività didattiche interattive proponibili con la LIM. Con l’ausilio del materiale scaricato dalla rete, con quello autoprodotto, con altro materiale condiviso tra i docenti della stessa disciplina o dello stesso anno, il carico lavorativo iniziale può alleggersi. Gli anni successivi si perfezionano e si modificano le unità di apprendimento già strutturate in precedenza alleviando il carico professionale fin qui tracciato.  La strada è comunque delineata.

Mancando al docente un impegno e volontà costanti nel formarsi inizialmente, nell’autoformarsi e impegnandosi in quel percorso di ricerca permanente utilizzando quotidianamente la LIM, è difficile prevedere che il nuovo strumento informatico/tecnologico consenta risultati efficaci ed efficienti, inducendo cambiamenti significativi negli alunni.

 
 

libri cartaceiUn articolo su repubblica.it illustra il calo di lettori del vecchio media tipografico: il libro.

Lo studio statistico snocciola vari dati, anche le differenze territoriali, tra nord e sud, il dato positivo contraddistingue le vendite on-line (e meno male).

Ma la cosa che veramente merita di essere menzionata è che l’editoria tradizionale sta soffrendo. Le case editrici soffrono? Dalla scuola in particolare in questi due anni hanno parecchio lucrato per l’adeguamento del testo librario a versione mista, gli alunni e i genitori non hanno potuto far affidamento sul risparmio offerto dai libri usati (perchè quelli non erano misti ed erano diversi).

Tutto questo lucro di sicuro non durerà molto, verrà il tempo della scuola senza libri.

 

 

Le grandezze dell’universo

Posted: 10th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Intanto parcheggio qui l’applicazione flash per vedere dove dargli un posto onorevole.

You need a more recent version of Adobe Flash Player.

 

Book in Progress: La scuola senza libri?

Posted: 10th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

http://www.bookinprogress.it/

 

Book in Progress Speciale tg1

 

Partecipazione e Media Education

Posted: 8th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

La scuola italiana sta perdendo un treno, cioè non sta sfruttando il fatto che con i nuovi media i giovani ormai conoscono, imparano, socializzano e ciò e’ funzionale ad entrare nella societa’ della conoscenza.

Dall’ ultima indagine IARD emerge chiaramente come l’utilizzo delle nuove tecnologie sia tra i docenti sempre più diffuso, ma ne fanno un uso strumentale  e confinato ai laboratori, in realta’ pochissimi le ritengono necessarie per il rapporto tra scuola, giovani e societa’ contemporanea, per creare piu’ dialogo fra scuola e mondo del lavoro, fra vita reale e scuola.

media tradizionali (Tv, giornali) e soprattutto media più recenti (Internet, cellulari, videogiochi) sono ormai, e sempre di più, centrali nella vita dei giovani e di noi tutti.

Essi consentono di soddisfare bisogni profondi e connotano in modo significativo il modo di comunicare, di stare insieme, di divertirsi, di informarsi, di imparare, ecc. Occuparsi dei media a scuola significa in primo luogo, in qualità di duty bearers, adoperarsi affinché bambini e ragazzi possano esercitare diritti fondamentali; in particolare, il riferimento è orientato verso alcuni articoli specifici della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (artt. 12-13-17-19-31-34), che parlano della partecipazione, della libertà d’espressione, del gioco, del diritto di associarsi con coetanei, dell’accesso all’informazione e della protezione da abusi e violenze.

Tali riferimenti mettono bene in evidenza i due aspetti salienti legati all’utilizzo dei media da parte dei giovani:

• le opportunità che tali strumenti rappresentano nella vita dei ragazzi, in cui occupano un posto ormai centrale, e le possibilità di sviluppo ad essi associate;

• i rischi correlati all’utilizzo di tali strumenti: dai contenuti inadeguati, alla facilità di avviare contatti con persone potenzialmente pericolose, all’adescamento e abuso, alla dipendenza psicologica da tali strumenti, al cyber-bullismo.

Occuparsi a scuola di Media significa da un lato consentire che la vita degli alunni  entri in classe con tutta la vivacità, l’entusiasmo e la creatività di cui questa fase evolutiva è capace  , dall’altro consente di lavorare sulle problematiche associate all’utilizzo pervasivo di tali strumenti.

L’intervento sui media a scuola e, più in generale, l’atteggiamento degli adulti,  in questi ultimi anni è profondamente cambiato, di pari passo con i cambiamenti subiti dagli stessi strumenti e dal loro utilizzo. Fino al decennio scorso i media erano essenzialmente trasmissivi e unidirezionali (la Tv, il cinema, i giornali comunicano messaggi) ed il rischio per i giovani utenti era essenzialmente quello di un’esposizione passiva e acritica; in tal senso l’obiettivo educativo rispetto all’utilizzo dei media consisteva essenzialmente nella promozione di senso critico, utile nell’elaborazione dei messaggi e dei contenuti, ed in una funzione protettiva, regolativa e di controllo, per lo più difensiva rispetto agli stimoli e alle funzioni associate agli strumenti.

Oggi invece i media sono profondamente cambiati, grazie ad alcune specifiche peculiarità, essi  consentono di interagire, di produrre contenuti, di essere “sempre e comunque connessi”  , di esplorare differenti aspetti della propria personalità, di entrare facilmente in confidenza con l’altro, di sperimentare forme di partecipazione e di libertà di espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce ai giovani negli spazi reali del vivere quotidiano.

 

Oggi il giovane, l’alunno, non è più passivamente esposto e rappresentabile come vittima, bensì estremamente attivo nell’utilizzo dei nuovi media; se un tempo l’educazione ai media verteva principalmente sulla protezione, sul controllo e sul senso critico, oggi invece è necessario che punti alla promozione della responsabilità, del rispetto delle regole di convivenza, all’esercizio della propria partecipazione e creatività.

Il problema della “sicurezza”, associato all’utilizzo dei Nuovi Media da parte dei giovani, non è  riconducibile esclusivamente all’esistenza in sé di alcuni rischi, più o meno gravi e insidiosi, ma anche alla possibilità che l’utilizzo di tali strumenti tecnologici, nell’economia della giornata di bambini e adolescenti, cominci a prevalere a scapito di spazi di aggregazione concreti, di attività sociali, ricreative, sportive. Quando, soprattutto, i ragazzi cominciano a soddisfare attraverso questi strumenti, bisogni profondi che dovrebbero trovare risposta nella vita reale (nel caso in cui, per esempio, risulta loro preferibile flirtare online piuttosto che con i propri coetanei in carne e ossa, ecc.), quando cioè ne fanno un utilizzo sostitutivo anzichéintegrativo. Il miglior modo per intervenire sul comportamento dei giovani nell’utilizzo dei media, in un’ottica di prevenzione ad ampio raggio, anche e soprattutto a scuola, richiede la necessità di muoversi su una dimensione educativa che tenga conto dei loro bisogni affettivi, sociali, di riferimento, di conoscenza, ecc. e dei loro diritti, primo fra tutti quello alla partecipazione ai sistemi di convivenza cui appartengono.

 

L’intervento educativo a scuola

Ecco perché la Media Education a scuola rappresenta un esempio di partecipazione: a partire dall’argomento , nel senso che i media rappresentano uno strumento privilegiato di espressione e partecipazione, quindi è importante lasciarli entrare in classe; a partire dal processo, in quanto attraverso il lavoro sulla relazione che i ragazzi hanno con i nuovi media, si consente loro di partecipare attivamente alla vita scolastica, rafforzando le dinamiche di gruppo ed il rapporto di fiducia e di apertura con il docente.

La maggior parte degli interventi di sensibilizzazione sul tema hanno tendenzialmente un approccio trasmissivo e regolatore, passivo e frontale, basato su raccomandazioni e consigli tecnici, su nozioni e saperi, in cui la partecipazione degli alunni è intesa come elaborazione di risposte per lo più conosciute e soprattutto riconducibili a quello che gli studenti pensano che gli adulti si aspettino. Al contrario, un percorso di Media Education a scuola che utilizza la partecipazione, e ne è al tempo stesso una valida espressione, mira a facilitare una riflessione condivisa sul proprio comportamento e a creare nuova conoscenza a partire dalla propria esperienza.

La scuola sembra essere uno dei luoghi più adatti per socializzare alla rete e riflettere sulle sue caratteristiche e sulle modalità di utilizzo: noi proponiamo un modello integrato che consiste nel pensare la multimedialità come ambiente di lavoro che scardina la lezione frontale e che avvicina i docenti al mondo dei ragazzi nei contenuti, nel linguaggio, e nel rapporto.

Il modello didattico cerca di intervenire sulle dinamiche che possono favorire un comportamento responsabile dell’utilizzo di Internet e dei cellulari da parte di bambini e adolescenti. In tal senso, rispetto alle dinamiche complessive che regolano l’utilizzo di tali strumenti, le attività si concentrano su tre aspetti specifici: il livello tecnologico, quello affettivo/relazionale, quello civico.

• Livello tecnico: attraverso un processo di alfabetizzazione reciproca, docenti e studenti (spesso questi ultimi più esperti dei docenti, almeno sotto tale aspetto) familiarizzano con le funzionalità degli strumenti e le loro implicazioni.

• Livello affettivo: l’obiettivo è quello di stimolare una riflessione sul ruolo che i Nuovi Media svolgono nella vita dei ragazzi, cercando di evidenziare e approfondire quei bisogni interiori (di comunicazione, di socialità, di riferimento adulto, ecc.) a cui tali media rispondono.

• Livello civico: attraverso una riflessione sul comportamento proprio e altrui, i ragazzi trovano la strada affinché sia possibile  esercitare i loro diritti  e all’interno di un sistema di convivenza basato su regole di comportamento condivise.

In altre parole, le modalità di utilizzo di Internet e dei cellulari possono dipendere da bisogni e da elementi di natura diversa: dai bisogni che ne determinano l’utilizzo (bisogni di socialità, di comunicazione, di conoscenza, ecc.), dalle capacità tecniche dei ragazzi e dalle funzionalità dello strumento, dai principi e dai valori morali che orientano il proprio comportamento, non solamente nella sfera comunicativa.

Per esempio, la capacità di trattare i propri dati personali con riservatezza e quindi essere in grado di discernere quando è il caso di lasciarli o meno, può dipendere: da uno o più elementi di tipo tecnico (ad esempio, dalla conoscenza dei procedimenti attraverso i quali è possibile comunicare od omettere i dati; oppure dalla consapevolezza di cosa prevede o meno la legge a riguardo); dalla sensibilità e dal valore attribuito al rispetto verso l’intimità propria e altrui (tale aspetto etico-morale può entrare in gioco quando si mandano in giro dati, informazioni o immagini riguardanti altre persone); ma anche da elementi di tipo affettivo, ossia dalla capacità di gestire l’emozione che in quel momento accompagna la decisione (ad esempio, se il giovane è coinvolto emotivamente in una chat, può facilmente “scordarsi” della raccomandazione sulla tutela della propria privacy e decidere, al contrario, di rivelare la propria identità e rendersi disponibile per un incontro).

Utilizzare uno strumento in modo sicuro e consapevole significa in primo luogo conoscerlo tecnicamente, cioè avere dimestichezza con tutte le sue potenzialità e “implicazioni”. Ma questo elemento da solo non basta: se Internet e cellulari possono essere considerati qualcosa di più che semplici strumenti, in quanto sono in grado di collocarci all’interno di un sistema di relazioni, di una “piazza”, il loro utilizzo responsabile implica la capacità di gestire con un certo grado di lucidità i rapporti che si sviluppano in tale ambiente, giungendo a riconoscere e gestire le proprie emozioni.

A tale percorso si dovrebbe affiancare un’attenzione analoga e speculare anche da parte del mondo dei genitori, per avvicinarsi meglio alla vita dei loro figli e garantire loro l’esercizio dei diritti di partecipazione attiva alla cittadinanza digitale. In tal senso è auspicabile una sinergia sempre più efficace tra Famiglia e Scuola, affinché facciano Sistema per condividere obiettivi educativi e costruire progetti comuni, integrando linguaggi e metodologie diverse, facendo affidamento su risorse e responsabilità condivise.

Tratto da Da Diritti in classe - rivista digitale Save the Childrenper i docenti della scuola italiana

 

Libri del futuro. Editoria Digitale

Posted: 6th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

Alberto Manzi, storico maestro che negli anni del dopoguerra commosse l’Italia con il suo carisma e la dolcezza con cui insegnava agli adulti analfabeti a scrivere nel famoso programma televisivo “Non è mai troppo tardi” sosteneva che:

“per il ragazzo il libro deve […] essere qualcosa di piacevole, dove si può non solo leggere, ma colorare, trasformare, fare, disfare, ampliare, ridere, inventare, riflettere […]. Il libro si trasforma così in qualcosa di personale, perciò vivo”.

A. Manzi, Perché un nuovo libro di lettura?

Queste affermazioni sono oggi più che mai attuali, trovano eco nelle più recenti raccomandazioni europee che sottolineano l’importanza di “rendere l’apprendimento più attraente” e potranno forse trovare un alleato nella tecnologia digitale che può aiutare a potenziare queste caratteristiche di manipolazione del testo, appropriazione e personalizzazione, finora relegate principalmente nella mente del lettore.

“Non è mai troppo tardi”, aggiungo io, soprattutto quando si tratta di inventare il futuro. E a pensarci bene il futuro non è poi così lontano se si pensa alle adozioni del libro di testo in forma digitale con le quali le scuole italiane (e l’editoria scolastica) si dovranno confrontare a partire dal prossimo anno scolastico. Il problema, in questo caso, è proporre soluzioni che sappiano mettere in pratica e sfruttare il vero valore aggiunto del digitale che non può, e non deve, emulare quello che il testo analogico ha fatto (e continuerà a fare) egregiamente per tanti secoli. A mio parere questo valore aggiunto risiede principalmente in tre parole chiave: socialitàriscrivibilità dei testi e contenuti “arricchiti” (enhanced content o “media rich content”), ovvero potenziati dai linguaggi multimediali.

 

Il libro, strutturalmente lineare e statico, viene usato a scuola in una modalità erogativa, con la mediazione del docente che spiega un concetto e rimanda a un nuovo approfondimento che avviene sempre su un testo. Se riuscissimo ad avvicinare la struttura della comunicazione (lineare per definizione) a quella della conoscenza, reticolare e associativa, forse i processi di apprendimento potrebbero risultare meno mediati e più trasparenti. Il modo per mettere in atto questo isomorfismo tra struttura della conoscenza e struttura della comunicazione è dato dalla rete.

Dalla cultura stampata a quella in rete molte delle dinamiche alle quali eravamo abituati stanno cambiando e la lettura, attività di natura prevalentemente intimistica e privata, si apre a inedite modalità di condivisione. È questo il caso diVOOK, contrazione di video e book, che propone un’esperienza di lettura più completa, arricchendo il testo lineare di video e di social networking. Quest’ultima componente, in particolare, si colloca come un’azione complementare che rientrerebbe proprio nel nuovo modo di “leggere”; non è un caso che il motto dell’iniziativa sia read-watch-connect. L’esperienza del libro si fa così più ricca (grazie anche all’impiego, sul medesimo medium, di più linguaggi multimediali) e completa, consentendo all’utente di interagire online con amici, sconosciuti o l’autore stesso del testo. Questo prodotto è fruibile sia online, da un normale computer, sia in completa mobilità, su dispositivi come iPhone o iPad.

Su questa linea si collocano anche nuovi social network che fanno della lettura di un testo, ma soprattutto della sua riscrittura sociale, un valore aggiunto. Mi riferisco ad esempio a Bookliners, una community di persone che condivide la passione per la lettura (in questo un po’ simile al già noto Anobii o anche aGoodreads) dove non solo è possibile disporre di interi testi digitalizzati, ma anche inerire le proprie annotazioni a margine, condividerle con gli altri utenti i quali, a loro volta, possono commentarle o aggiungerne di nuove. Si viene così a creare un nuovo testo a latere, una sorta di metatesto sociale, reso possibile solo grazie al potere della rete.

Infine, per fornire un esempio di quello che si indica come contenuto digitale a valore aggiunto, ovvero in grado di esplorare le potenzialità interattive, manipolative (potenziate anche grazie all’introduzione delle interfacce touch) e multimediali, propongo la visione di questo video.

 

 

Il prototipo di questo libro digitale è frutto del lavoro dello sviluppatore Mike Matas e dimostra come sia possibile interagire con i contenuti multimediali, manipolandoli, spostandoli a piacimento e, in un certo senso, “riscrivendo” l’organizzazione del proprio libro.

Interazione e personalizzazione sono potenziate ed il lettore è fisicamente e mentalmente attivo nel proprio percorso esplorativo fatto di simulazioni, video e grafici interattivi. Naturalmente c’è anche il testo scritto che viene qua asciugato per lasciarsi completare da altri linguaggi in grado di mostrare quello che viene descritto. Con questo non intendo affatto dire che il libro cartaceo non ha più motivo di esistere, ma credo che possa convivere in un sistema di altri media dove ciascuno di questi può specializzarsi nelle proprie funzioni.

Allora forse il libro di testo, soprattutto nella sua forma mista (legge 6 agosto 2008, n. 133) saprà interpretare meglio il proprio ruolo di manuale e lascerà al digitale le funzionalità dell’esplorazione e delle esercitazioni interattive.

Citando Roncaglia è opportuno ricordare che il libro,  fino ad ora, ha mantenuto due funzioni strategiche:

(…) rappresentare un po’ il punto di riferimento e il filo narrativo che accompagna lo svolgimento del programma e offrire il primo (e purtroppo in molti casi l’unico) incontro con quella che è stata per secoli la forma principale di organizzazione del sapere: la forma-libro.

Roncaglia G., La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro.

La sfida, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, sarà dunque quella di non lasciare solo il libro nel ruolo che ha finora ricoperto, ma di affiancarlo a strumenti digitali che possano aprirlo a forme inedite di lettura/scrittura, manipolazione, socialità, personalizzazione e condivisione della conoscenza.

 

Video sul LIBRO, le sue innovazioni tecnologiche!

Posted: 6th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria