Partecipazione e Media Education

Posted: 8th novembre 2012 by iperscrivo in Senza categoria
 

La scuola italiana sta perdendo un treno, cioè non sta sfruttando il fatto che con i nuovi media i giovani ormai conoscono, imparano, socializzano e ciò e’ funzionale ad entrare nella societa’ della conoscenza.

Dall’ ultima indagine IARD emerge chiaramente come l’utilizzo delle nuove tecnologie sia tra i docenti sempre più diffuso, ma ne fanno un uso strumentale  e confinato ai laboratori, in realta’ pochissimi le ritengono necessarie per il rapporto tra scuola, giovani e societa’ contemporanea, per creare piu’ dialogo fra scuola e mondo del lavoro, fra vita reale e scuola.

media tradizionali (Tv, giornali) e soprattutto media più recenti (Internet, cellulari, videogiochi) sono ormai, e sempre di più, centrali nella vita dei giovani e di noi tutti.

Essi consentono di soddisfare bisogni profondi e connotano in modo significativo il modo di comunicare, di stare insieme, di divertirsi, di informarsi, di imparare, ecc. Occuparsi dei media a scuola significa in primo luogo, in qualità di duty bearers, adoperarsi affinché bambini e ragazzi possano esercitare diritti fondamentali; in particolare, il riferimento è orientato verso alcuni articoli specifici della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (artt. 12-13-17-19-31-34), che parlano della partecipazione, della libertà d’espressione, del gioco, del diritto di associarsi con coetanei, dell’accesso all’informazione e della protezione da abusi e violenze.

Tali riferimenti mettono bene in evidenza i due aspetti salienti legati all’utilizzo dei media da parte dei giovani:

• le opportunità che tali strumenti rappresentano nella vita dei ragazzi, in cui occupano un posto ormai centrale, e le possibilità di sviluppo ad essi associate;

• i rischi correlati all’utilizzo di tali strumenti: dai contenuti inadeguati, alla facilità di avviare contatti con persone potenzialmente pericolose, all’adescamento e abuso, alla dipendenza psicologica da tali strumenti, al cyber-bullismo.

Occuparsi a scuola di Media significa da un lato consentire che la vita degli alunni  entri in classe con tutta la vivacità, l’entusiasmo e la creatività di cui questa fase evolutiva è capace  , dall’altro consente di lavorare sulle problematiche associate all’utilizzo pervasivo di tali strumenti.

L’intervento sui media a scuola e, più in generale, l’atteggiamento degli adulti,  in questi ultimi anni è profondamente cambiato, di pari passo con i cambiamenti subiti dagli stessi strumenti e dal loro utilizzo. Fino al decennio scorso i media erano essenzialmente trasmissivi e unidirezionali (la Tv, il cinema, i giornali comunicano messaggi) ed il rischio per i giovani utenti era essenzialmente quello di un’esposizione passiva e acritica; in tal senso l’obiettivo educativo rispetto all’utilizzo dei media consisteva essenzialmente nella promozione di senso critico, utile nell’elaborazione dei messaggi e dei contenuti, ed in una funzione protettiva, regolativa e di controllo, per lo più difensiva rispetto agli stimoli e alle funzioni associate agli strumenti.

Oggi invece i media sono profondamente cambiati, grazie ad alcune specifiche peculiarità, essi  consentono di interagire, di produrre contenuti, di essere “sempre e comunque connessi”  , di esplorare differenti aspetti della propria personalità, di entrare facilmente in confidenza con l’altro, di sperimentare forme di partecipazione e di libertà di espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce ai giovani negli spazi reali del vivere quotidiano.

 

Oggi il giovane, l’alunno, non è più passivamente esposto e rappresentabile come vittima, bensì estremamente attivo nell’utilizzo dei nuovi media; se un tempo l’educazione ai media verteva principalmente sulla protezione, sul controllo e sul senso critico, oggi invece è necessario che punti alla promozione della responsabilità, del rispetto delle regole di convivenza, all’esercizio della propria partecipazione e creatività.

Il problema della “sicurezza”, associato all’utilizzo dei Nuovi Media da parte dei giovani, non è  riconducibile esclusivamente all’esistenza in sé di alcuni rischi, più o meno gravi e insidiosi, ma anche alla possibilità che l’utilizzo di tali strumenti tecnologici, nell’economia della giornata di bambini e adolescenti, cominci a prevalere a scapito di spazi di aggregazione concreti, di attività sociali, ricreative, sportive. Quando, soprattutto, i ragazzi cominciano a soddisfare attraverso questi strumenti, bisogni profondi che dovrebbero trovare risposta nella vita reale (nel caso in cui, per esempio, risulta loro preferibile flirtare online piuttosto che con i propri coetanei in carne e ossa, ecc.), quando cioè ne fanno un utilizzo sostitutivo anzichéintegrativo. Il miglior modo per intervenire sul comportamento dei giovani nell’utilizzo dei media, in un’ottica di prevenzione ad ampio raggio, anche e soprattutto a scuola, richiede la necessità di muoversi su una dimensione educativa che tenga conto dei loro bisogni affettivi, sociali, di riferimento, di conoscenza, ecc. e dei loro diritti, primo fra tutti quello alla partecipazione ai sistemi di convivenza cui appartengono.

 

L’intervento educativo a scuola

Ecco perché la Media Education a scuola rappresenta un esempio di partecipazione: a partire dall’argomento , nel senso che i media rappresentano uno strumento privilegiato di espressione e partecipazione, quindi è importante lasciarli entrare in classe; a partire dal processo, in quanto attraverso il lavoro sulla relazione che i ragazzi hanno con i nuovi media, si consente loro di partecipare attivamente alla vita scolastica, rafforzando le dinamiche di gruppo ed il rapporto di fiducia e di apertura con il docente.

La maggior parte degli interventi di sensibilizzazione sul tema hanno tendenzialmente un approccio trasmissivo e regolatore, passivo e frontale, basato su raccomandazioni e consigli tecnici, su nozioni e saperi, in cui la partecipazione degli alunni è intesa come elaborazione di risposte per lo più conosciute e soprattutto riconducibili a quello che gli studenti pensano che gli adulti si aspettino. Al contrario, un percorso di Media Education a scuola che utilizza la partecipazione, e ne è al tempo stesso una valida espressione, mira a facilitare una riflessione condivisa sul proprio comportamento e a creare nuova conoscenza a partire dalla propria esperienza.

La scuola sembra essere uno dei luoghi più adatti per socializzare alla rete e riflettere sulle sue caratteristiche e sulle modalità di utilizzo: noi proponiamo un modello integrato che consiste nel pensare la multimedialità come ambiente di lavoro che scardina la lezione frontale e che avvicina i docenti al mondo dei ragazzi nei contenuti, nel linguaggio, e nel rapporto.

Il modello didattico cerca di intervenire sulle dinamiche che possono favorire un comportamento responsabile dell’utilizzo di Internet e dei cellulari da parte di bambini e adolescenti. In tal senso, rispetto alle dinamiche complessive che regolano l’utilizzo di tali strumenti, le attività si concentrano su tre aspetti specifici: il livello tecnologico, quello affettivo/relazionale, quello civico.

• Livello tecnico: attraverso un processo di alfabetizzazione reciproca, docenti e studenti (spesso questi ultimi più esperti dei docenti, almeno sotto tale aspetto) familiarizzano con le funzionalità degli strumenti e le loro implicazioni.

• Livello affettivo: l’obiettivo è quello di stimolare una riflessione sul ruolo che i Nuovi Media svolgono nella vita dei ragazzi, cercando di evidenziare e approfondire quei bisogni interiori (di comunicazione, di socialità, di riferimento adulto, ecc.) a cui tali media rispondono.

• Livello civico: attraverso una riflessione sul comportamento proprio e altrui, i ragazzi trovano la strada affinché sia possibile  esercitare i loro diritti  e all’interno di un sistema di convivenza basato su regole di comportamento condivise.

In altre parole, le modalità di utilizzo di Internet e dei cellulari possono dipendere da bisogni e da elementi di natura diversa: dai bisogni che ne determinano l’utilizzo (bisogni di socialità, di comunicazione, di conoscenza, ecc.), dalle capacità tecniche dei ragazzi e dalle funzionalità dello strumento, dai principi e dai valori morali che orientano il proprio comportamento, non solamente nella sfera comunicativa.

Per esempio, la capacità di trattare i propri dati personali con riservatezza e quindi essere in grado di discernere quando è il caso di lasciarli o meno, può dipendere: da uno o più elementi di tipo tecnico (ad esempio, dalla conoscenza dei procedimenti attraverso i quali è possibile comunicare od omettere i dati; oppure dalla consapevolezza di cosa prevede o meno la legge a riguardo); dalla sensibilità e dal valore attribuito al rispetto verso l’intimità propria e altrui (tale aspetto etico-morale può entrare in gioco quando si mandano in giro dati, informazioni o immagini riguardanti altre persone); ma anche da elementi di tipo affettivo, ossia dalla capacità di gestire l’emozione che in quel momento accompagna la decisione (ad esempio, se il giovane è coinvolto emotivamente in una chat, può facilmente “scordarsi” della raccomandazione sulla tutela della propria privacy e decidere, al contrario, di rivelare la propria identità e rendersi disponibile per un incontro).

Utilizzare uno strumento in modo sicuro e consapevole significa in primo luogo conoscerlo tecnicamente, cioè avere dimestichezza con tutte le sue potenzialità e “implicazioni”. Ma questo elemento da solo non basta: se Internet e cellulari possono essere considerati qualcosa di più che semplici strumenti, in quanto sono in grado di collocarci all’interno di un sistema di relazioni, di una “piazza”, il loro utilizzo responsabile implica la capacità di gestire con un certo grado di lucidità i rapporti che si sviluppano in tale ambiente, giungendo a riconoscere e gestire le proprie emozioni.

A tale percorso si dovrebbe affiancare un’attenzione analoga e speculare anche da parte del mondo dei genitori, per avvicinarsi meglio alla vita dei loro figli e garantire loro l’esercizio dei diritti di partecipazione attiva alla cittadinanza digitale. In tal senso è auspicabile una sinergia sempre più efficace tra Famiglia e Scuola, affinché facciano Sistema per condividere obiettivi educativi e costruire progetti comuni, integrando linguaggi e metodologie diverse, facendo affidamento su risorse e responsabilità condivise.

Tratto da Da Diritti in classe - rivista digitale Save the Childrenper i docenti della scuola italiana

 

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